mercoledì 23 luglio 2014

L'INGHILTERRA DEGLI ALTRI

Immagine tratta da liquida.it e modificata su befunky.com
L'addio alla propria Nazionale di un monumento come Steven Gerrard senza aver mai raggiunto neppure una semifinale di Europei o Mondiali, fornisce l'occasione di una riflessione sul calcio inglese.
La generazione dei Rio Ferdinand, Frank Lampard, David Beckham, Michael Owen e Wayne Rooney non è mai riuscita ad arrivare in fondo a nessuna competizione per nazionali.
Eppure il talento c'era, e a livello di guida tecnica ci si è aperti anche a mister stranieri, mai superando però la tagliola dei quarti di finale. Dalle semifinali dell'Europeo di casa del '96 raggiunte con Terry Vernables, ci si è affidati a icone inglesi come Glen Hoddle, Kevin Keegan, McClaren e Roy Hodgson e a santoni stranieri come Eriksson e Capello, ma nulla. Non si è usciti dalla mediocrità.
E paradossalmente, mentre la Nazionale colava a picco, la Premier League è cresciuta in maniera esponenziale a livello di attrattività, competitività, investimenti stranieri, marketing e quant'altro.
Stadi all'avanguardia, proprietà estere e squadre di seconda o terza fascia con una potenza economica che le nostre big si sognano.
Allora, perchè la nazionale dei Tre Leoni non funziona?
In Inghilterra il mercato dei calciatori extracomunitari deve sottostare alla concessione del "permesso di lavoro", ossia il giocatore che si trasferisce deve aver disputato almeno il 75% delle ultime gare della propria Nazionale. Tale escamotage ha il fine di portare in Premier solamente atleti definiti "indispensabili", e quindi, si presume, di alto profilo tecnico.
Ma questa forma di "protezionismo" si scontra con un altro dato: solo il 32% dei calciatori della massima divisione inglese è convocabile in Nazionale, percentuale che crolla al 28% considerando le big del campionato. 
Insomma, nel campionato inglese giocano pochi inglesi. In questi anni spesso ci siamo trovati nell'Inghilterra ruoli ultra coperti e ruoli scopertissimi, senza nessun interprete degno (basti pensare al ruolo del portiere). E in più allenano pochi britannici: Wenger, Mourinho, Martinez, Pellegrini, VanGaal, Koeman, Poyet, Pochettino sono stranieri. E sono il 40%.
Gli inglesi hanno inventato il calcio, ma ora soffrono di troppa esterofilia. I dati sono chiari, pochi giocatori e pochi allenatori propri nel proprio campionato. E questo genera poco talento e difficoltà di maturare un chiaro "gioco all'inglese". 
Pep Guardiola ieri ha dichiarato: "Bisogna avere idee proprie, crederci e portarle avanti". Ecco, la Premier League si è farcita di idee di altri, giocatori di altri e mister di altri. E le magrissime figure della Nazionale ne sono solo una naturale conseguenza.

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