lunedì 28 aprile 2014

NOW, ONLY THE BEST!

Immagine tratta da gazzetta.it
Ora ci siamo davvero. Una sola vittoria, o in alternativa due pareggi, nelle ultime tre sfide di questo campionato 2013-14 e per la Juve lo Scudetto sarà aritmetico. Il giorno della festa potrebbe essere già lunedì 5 maggio, nella sfida interna contro l'Atalanta, o in alternativa domenica 4, nel caso in cui la Roma non uscisse con i 3 punti dal campo di Catania.
Nella sfida del Mapei Stadium, a Reggio Emilia, i bianconeri ci hanno messo un tempo e molta sofferenza per indirizzare la partita nella direzione giusta, ma alla fine sono state ancora una volta le giocate dei campioni ad avere la meglio sulla volontà e la grinta degli avversari. Zaza, una delle tante giovani promesse di proprietà juventina sparse in Italia, fa passare una brutta mezz'ora alla sua società di provenienza (aiutato da un Ogbonna forse alla peggior prestazione con la maglia della Signora). L'inizio è in pratica lo stesso della sfida di Lisbona contro il Benfica: gol incassato presto, squadra poco presente in campo, reazione tardiva e poco convinta. Poi arriva ancora lui, Carlitos Tevez, l'Apache, appena sbloccatosi dal lungo digiuno europeo, e la sua prodezza basta a riequilibrare il risultato e restituire certezze e sicurezze a un gruppo apparso decisamente in affanno. Nel secondo tempo, è ancora Tevez a propiziare il vantaggio, quando sporca un pallone con la sua proverbiale grinta, quindi ci pensa il sublime direttore d'orchestra Pirlo, con uno splendido tocco di prima, a mandare in porta Marchisio. A chiudere la pratica, l'invenzione di Pogba, il cross del subentrante Lichtsteiner e il tacco, inatteso, di Llorente, quasi assente fino a quel momento, ma ancora una volta spietato e decisivo quando si tratta di fare gol. 3-1 finale, con grande esultanza di squadra e staff sotto la curva dei tantissimi supporters bianconeri, e titolo che è praticamente ad un passo, da ratificare solo con l'ausilio della matematica.
Di fronte a tutte queste certezze in positivo, anche una in negativo: la Juve, almeno in questo finale di stagione, ha bisogno di tutti i suoi titolari, in ogni occasione. Isla e Ogbonna, scelti oggi per dare un po' di respiro a Lichtsteiner e Bonucci, sono stati tra i peggiori in campo, tant'è vero che entrambi sono stati richiamati in panchina. Pur giocando bene in diverse occasione quando chiamate in causa, le riserve stanno mancando in questo finale di stagione, avvalorando la tesi di chi considera la rosa bianconera ancora poco qualitativa e incompleta per il definitivo salto di qualità. A parte Marchisio, e un po' Caceres e Giovinco in questa fase dell'anno, tutti gli altri giocatori appaiono troppo distanti dal livello dei titolari per poter concedere a questi un reale riposo. Anche per questo l'ingresso in campo nel finale di Vidal è un'ottima notizia per il ritorno di giovedì contro i lusitani, visto che il centrocampo è stato il reparto che meno ha beneficiato del turnover dall'inizio dell'anno. Contro i portoghesi ci vorrà una gara diversa, perfetta e precisa in tutti gli aspetti, e stavolta non ci sarà spazio per il Vucinic della scorsa settimana o l'Ogbonna di questa sera. Ci vorrà insomma una Juve al suo massimo, pronta a dare tutto per 90 minuti e conquistarsi quella finale europea che manca da 12 anni. In attesa di lunedì prossimo, quando almeno lo Scudetto, forse, sarà in cassaforte.

giovedì 24 aprile 2014

#CATENACCIO

Immagine tratta da tuttosport.com
E' una lezione che dovrebbe rimbombare in Italia, quella vista nelle semifinali di Champions League. Il Chelsea schiera una formazione accorta, si mette tutti dietro (con un pullman a due piani in area di rigore come hanno ironizzato in Spagna) e riesce a mantenere la porta inviolata nello 0-0 del Vicente Calderon, fortino dell'Atletico Madrid.
E così il Real, lascia fare la partita al Bayern, decidendo di aspettarli e colpire in contropiede, Modric ottimo regista pronto a lanciare gli avanti dei blancos. E l'1-0 di Benzema è servito, con una ripartenza che va perfettamente a segno. Con il tiki-taken tedesco che rimbalza sul muro difensivo madridista.
Non è un caso che i tecnici che hanno predisposto le partite difensive, abbiano ottenuto i risultati più soddisfacenti. Come non è casuale che sia Ancelotti che Mourinho abbiano trascorso un lungo periodo in Italia da allenatori.
Il punto è questo: il calcio italiano è sempre stato famoso per il gioco difensivo, il pressing e le ripartenze. Ma ora? Chi in Italia gioca questo tipo di calcio? Nessuno.
E' sparito il catenaccio in un periodo dove solo il catenaccio è un grado di beffare il gioco ossessionante di ritmo e possesso palla iniziato dal Barça e che si è diffuso in mezza Europa.
In Italia non si ha la resistenza atletica e il ritmo per giocare il tiki-taka, dunque si pratica una sorta di valzer lento che regala poche occasioni nella maggior parte dei match disputati in Serie A.
Ci si compiace di "aver tenuto il pallino del gioco", ma ciò che dà punti sono le reti fatte e subite, e non il possesso palla.
Il catenaccio e il contropiede non sono passati mai di moda. E farci rubare questo caratteristico modo italiano di giocare a calcio è da pivellini. Rincorriamo le big europee sul piano del possesso palla, in un momento dove il catenaccio torna di moda.
Qualcosa non quadra.

lunedì 21 aprile 2014

#TURBOLENTI

Immagine tratta da f1grandprix.motorionline.com e modificata su befunky.net
A questa magnificenza di Mercedes, di Hamilton e di Alonso messa in mostra in Cina fa da contraltare la sorprendente crisi di Seb Vettel e di Kimi Raikkonen.
Sverniciati, distaccati e sbeffeggiati dai compagni di scuderia. Un quattro volte Campione del Mondo e un Campione del Mondo trattati alla stregua di un Massa o un Barrichello qualunque.
Che succede?
Succede che la rivoluzione turbo li ha turbati.
Li ha messi in difficoltà con il setup della vettura, con le gestione della potenza dell'unità motore, con lo stile di guida. Non sarà un caso se proprio Vettel e Raikkonen nella stagione passata erano i migliori a preservare le gomme con le rispettive vetture, mentre in questa annaspano come forse mai gli è accaduto in carriera.
Raikkonen ha dichiarato di aver distrutto i propri pneumatici in Cina, e parla apertamente di uno stile di guida che non riesce proprio a adattare alla Ferrari. Non fa un giro senza qualche pesante correzione sul volante, con la messa a terra dei cavalli veramente problematica, specie in uscita di curva.
E così Vettel, il mago degli scarichi soffiati, che fa dello stile pulito di guida un suo marchio di fabbrica, non riesce a essere incisivo. Specie in gara va in pappa, a un certo punto il suo ritmo cala, si affossa, divora le gomme e puntualmente spunta negli specchietti il sorrisone irriverente di Ricciardo che lo passa come l'ultimo dei novellini. Eppure Seb nei quattro Mondiali trionfati faceva del passo gara la sua arma vincente.
Possibile che Kimi e Seb siano così lenti rispetto ai compagni di box?
Possibile che due esperti Campioni del Mondo non riescano a adattare il proprio stile di guida alle nuove F1?
Possibile che Ricciardo sia un iperfenomeno? E che Alonso uno che rifila a Kimi un minuto (!) in gara?
Ai posteri l'ardua sentenza, con Seb e Kimi impegnati a ribaltare la situazione attuale. 
Campioni o turbo-lenti?

sabato 19 aprile 2014

#CHESTLESSILCOMPAGNODIBOX

Immagine tratta da f1grandprix.motorionline.com e modificata su befunky.com
Che stless (siamo in Cina) il compagno di box! Firmato Nico Rosberg, Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen.
Hamilton 1°, Rosberg 4°, distacco di un secondo e tre.
Ricciardo 2°, Vettel 3°, distacco mezzo secondo.
Alonso 5°, Raikkonen 11°, distacco un secondo in q2.
Beh ma cosa volete, Rosberg è un figlio di papà che poggia le terga sulla migliore macchina del lotto; Vettel ha vinto quattro Mondiali di fila perchè aveva un Red Bull con le ali e ora, arrivato il primo australianotto non in odore di pensione, lo svernicia neanche fosse un Mazzacane qualunque. E Raikkonen? Eh, ma Alonso è un #megacampioneilmiglioleditutti, e lui è scarso, addormentato, lento, alcoolizzato, sopravvalutato e parla pure troppo quando sta zitto.
Non essendoci battaglia in pista per il Mondiale monocolore Mercedes e probabilmente monocolore Hamilton, ci si concentra sui duelli tra i compagni di box.
Il livello di insoddisfazione dei tre suddetti oscilla tra la #barrichelizzazione, la #massizzazione, l'#irvinazione e la #webberite. Tutte brutte malattie da seconda guida, da muso abbacchiato forever e da sorrisi beffardi misti di superiorità e pietà dai capisquadra.
Urge una sveglia! 
Ovviamente chi sta davanti suscita antipatia naturale, un misto di invidia e capacità di attirare una gufaggine potentissima, con quell'Hamilton che piazza la pole numero 34 (#tantissime) che sogghigna pensando all'errore di Rosberg nel giro finale della q3 (#chitloppovuolenullastlinge), Ricciardo che ride sempre e ha riso pure quando gli han portato via il podio dell'Australia (#machecacchiocavlàsempledalidele), e Alonso che con quella sua arroganza innata parla di weekend perfetto (#flydownhaifattoquinto). Salsa rosso Ferrari condita da Montezemolo e Mattiacci (#gliocchialidasoledagufononselvono) che non nominano mai Raikkonen, che pare esser stato messo là obbligatoriamente da una forza celeste misteriosa: nelle interviste si parla sempre e solo di macchina vincente da dare a Fernando, e mai un accenno al finlandese, che sino a prova contraria è l'ultimo Campione del Mondo in Ferrari. Ma pure Kimi dovrà uscire da questa crisi da adattamento nella quale pare essere piombato, come l'ultimo dei novellini (#kimidaunamano?).
Per domani è tutto scritto. In cinese ovviamente. 1°Hamilton 2°Rosberg 3°Alonso. #selaFerrarifaunpodiodomanièPasqua.

martedì 15 aprile 2014

L'UOMO DECISIVO NEL MOMENTO DECISIVO

Immagine tratta da tuttosport.it
Da sempre lo accusano di non segnare gol importanti, di non riuscire mai ad essere decisivo. Magari dopo la partita di ieri a Udine molti dei suoi critici dovranno rimangiarsi quanto detto, o almeno frenare i loro commenti.
Sebastian Giovinco è semplicemente fondamentale nella vittoria bianconera, per il gol che sblocca il match e per tutte le giocate importanti che regala durante la partita, non facendo pesare l'assenza di Tevez. E' solo il secondo gol in campionato per la Formica Atomica, l'altro l'aveva segnato al Milan, ed anche in quel caso aveva sbloccato una situazione di parità. Se la meritava questa soddisfazione personale, anche per quanto fatto vedere contro il Lione, e sarà molto soddisfatto di lui anche mister Conte, che l'ha difeso quando i tifosi lo fischiavano e, pur tenendolo spesso fuori, non ha mai smesso di stimolarlo e di considerarlo importante. Giovinco non è quello che a Parma è stato grande protagonista per un paio di anni, e continua a mancare di quel salto di qualità per meritare il titolo di campione, ma si impegna sempre e in maniera costante, e quando è in fiducia e in condizione può regalare partite come quella di ieri.
L'altra firma sul 2-0 finale la mette un giocatore ugualmente contestato a inizio anno, considerato inutile e inadatto alla squadra, e adesso insostituibile la davanti: Fernando Llorente. In campionato lo spagnolo è arrivato a 14 centri, spesso decisivi, lui e l'Apache insieme hanno superato i 30 gol, una statistica degna dei migliori Del Piero e Trezeguet. A due riferimenti importanti in attacco, si aggiunge una difesa che nonostante il turnover continua a funzionare, con Caceres sempre più importante dietro a non far rimpiangere Barzagli, e una condizione fisica che è ormai in netto miglioramento. Il distacco dalla Roma resta invariato, ma quello che poteva essere il test più pericoloso prima della sfida diretta all'Olimpico è superato a pieni voti.
La Juve espugna d'autorità il Friuli e batte una squadra che, pur lontana anni luce da quella che per due anni di fila ha ottenuto i preliminari di Champions, veniva da una condizione strepitosa, soprattutto tra le mura amiche. Le vittorie in campionato sono 28, una in più dello scorso campionato, i punti conquistati 87, con quel traguardo dei 100 che non è un miraggio, calendario alla mano. La vicinanza al successo si è vista nell'atteggiamento di Conte, nervoso più del solito a inizio partita e letteralmente scatenato al fischio dell'arbitro, come se avesse vinto una finale. Forse perché questa partita gli ha ricordato un'altra vittoria, ugualmente dolce e importante, ottenuta proprio a Udine 12 anni prima. Era il 5 maggio del 2002, e quel giorno la Juventus strappò clamorosamente lo scudetto all'Inter. All'epoca era ancora in campo, ma oggi come allora riesce a distinguere perfettamente i successi che possono essere decisivi all'interno di una stagione. Quello di ieri può decisamente rivelarsi uno di questi.

lunedì 7 aprile 2014

PRESSIONE? NO, GRAZIE!

Immagine tratta da multimedia.quotidiano.net
Tre minuti per cancellare ogni timore e ogni incertezza. Tanto basta alla Juventus per avere la meglio sul Livorno, centrare la sedicesima vittoria in altrettante gare interne e ristabilire gli 8 punti di distanza tra sé e la Roma, con appena 6 giornate mancanti alla fine di questa serie A 2013-14. I dubbi sulla forma fisica, sulla tenuta atletica e sulla fame di vittorie del dopo Napoli svaniscono definitivamente, i bianconeri non hanno ancora alzato le mani dal manubrio, e anzi sembrano sempre più decisi a dare la caccia a questo bis Scudetto-Europa League che porterebbe grande prestigio e soddisfazione a Torino.
Il Livorno poteva essere un avversario insidioso perché, come tutte le piccole, se sottovalutato può giocare brutti scherzi, tant'è vero che Conte mette in campo i migliori a disposizione. Ma a parte alcune ripartenze veloci in contropiede, soprattutto a inizio partita, i toscani preferiscono chiudersi in difesa e reggere il più possibile l'assalto bianconero, consegnando di fatto gioco e ritmo ai padroni di casa. Il forcing juventino dura mezz'ora circa, quanto basta ad un ritrovato Llorente per piazzare il micidiale uno-due che indirizza la sfida e di fatto la chiude con un tempo ancora da giocare. I livornesi stessi alzano bandiera bianca e preferiscono amministrare le forze in vista di sfide decisamente più importanti come quella contro il Chievo del prossimo turno, la Vecchia Signora ringrazia e chiude al piccolo trotto. Energie risparmiate in vista del ritorno con il Lione e della prossima trasferta di Udine, forse l'unica partita davvero insidiosa prima dello scontro diretto a Roma della penultima giornata, che di fatto rischia di rivelarsi inutile.
Di fatto, la Juventus è pienamente padrona del suo destino, con quattro delle prossime sei sfide più che abbordabili, le tre interne contro Bologna, Atalanta e Cagliari e la penultima trasferta a Reggio Emilia contro il Sassuolo. Si tratta di formazioni che hanno ancora un obiettivo da raggiungere (l'Europa i bergamaschi, la salvezza tutte le altre), ma fanno sicuramente meno paura di squadre con maggior blasone. Di contro, la Roma avrà un'impegnativa trasferta a Firenze contro una viola in piena corsa per mantenere il quarto posto, e subito dopo ospiterà un Milan desideroso di riscatto, e pure lui a caccia di punti europei. I giallorossi sono chiamati insomma ad un'autentica impresa, vincere tutte le sfide (compreso lo scontro diretto) e sperare che i bianconeri perdano per strada 8 punti. Al di là dei freddi dati statistici, a far pensare che quest'impresa sia, se non impossibile, almeno disperata, sono gli evidenti segnali di ripresa fisica della Juve, con il lento recupero di alcuni infortunati che può consentire maggiori rotazioni in difesa e in attacco. L'1-0 di Lione, sofferto più del previsto ma estremamente prezioso, ha ridato fiducia e mostrato che la condizione dei Campioni d'Italia è in netto miglioramento. La presunta pressione che la Juve poteva sentire non si è mostrata, il margine di sicurezza è talmente ampio che neanche una sconfitta brutta come quella di Napoli ha scalfito la convinzione dei bianconeri. Il terzo Scudetto consecutivo è sempre più vicino, il trionfo in Europa League può essere il premio aggiuntivo ad una grande stagione, fatta di record incredibili, difficilmente ripetibili in futuro. In attesa di quella Champions che resta il sogno, lontano ma non impossibile, di ogni tifoso bianconero.