martedì 31 dicembre 2013

Il Pagellone Viola di fine 2013

Immagine tratta da Sportmediaset.it
Dirigenza, squadra e tifosi della Fiorentina possono ritenersi soddisfatti per questa prima parte di stagione: un 4° posto degno delle capacità della squadra, ma forse anche un po' stretto vedendo i punti persi per strada; andiamo quindi ad analizzare uno ad uno ogni singolo calciatore...
Neto: Dopo la conferma dell'ultimo minuto, molto criticata, ha alternato prestazioni di alto livello ad indecisioni incredibili, come ad esempio nel 4-3 contro il Verona. La tecnica c'è, la testa un po' meno; bisogna dargli fiduca. Voto: 6
Munua: Poche uscite per lui, che però dimostra di essere un'ottima riserva, vista la sua grande esperienza; Neto potrebbe imparare molto da lui. Voto: 6
Gonzalo Rodríguez: E' incredibile come un difensore del suo calibro sia stato ceduto per così poco dal Villarreal (1,5 milioni): dirige con maestria la difesa, quando un compagno non arriva su un pallone, c'è sempre lui a dargli una mano e se aggiungiamo che ha saltato solamente una partita, per squalifica, si può dire che è veramente indispensabile per questa squadra. Voto: 8
Roncaglia: Si parla di un suo possibile trasferimento: fatica a trovare spazio con Tomovic e Savic a chiuderlo e come terzino non rende al massimo delle sue capacità; a volte troppo aggressivo. Voto: 5.5
Compper: Per lui vale lo stesso discorso di Roncaglia; quando gioca alterna buone prestazioni ad altre inconsistenti, ma dal primo sostituto di Gonzalo, ci si aspetta di più. Voto: 5.5
Savic: Dopo un precampionato scandaloso, c'era già chi insinuava che potesse dimostrarsi un flop totale, ma lui non ha tradito le attese ed è infatti l'unico, assieme a Rodríguez, a poter considerarsi un titolarissimo della difesa. Voto: 7
Tomovic: Al momento è il terzino destro titolare, ma si vede che non è il suo ruolo: inguardabile nei cross e talvolta in ritardo nel gioco offensivo; prestazioni comunque discrete, anche se Pradè e Macia si stanno già muovendo per rinforzare questo ruolo. Voto: 6.5
Marcos Alonso: Impiegato spesso come vice di Pasqual, nella difesa a 4 offre sempre ottime prestazioni, mentre come esterno nel centrocampo a 5 fa molta fatica; è stato ceduto in prestito al Sunderland perchè Montella ha fiducia in lui, è molto giovane e le capacità ci sono. Voto: 6
Pasqual: Come ogni Capitano che si rispetti, mette anima e cuore in ogni partita e, difesa a 3 o 4 che sia, ci mette sempre qualità ed esperienza; non più imprescindibile, vista la rinascita di Vargas. Voto: 7
Ambrosini: In risposta a quelli che lo davano per finito o per eterno panchinaro alla Viola, lui ha saputo conquistarsi il posto a suon di prestazioni di cuore e grinta, grazie alle quali ha spinto verso la panchina il Pek; si sente l'età, però. Voto: 6.5
Pizarro: Come detto sopra, il Pek ha pian piano perso il suo posto in questa squadra: troppi mal di pancia, un Ambrosini battagliero ed alcuni errori non da lui, senza dimenticare il gesto delle manette alla Mourinho, che ha fatto infuriare Montella... Sembra essere anche lui con le valigie in mano, quando solamente 4 mesi fa era intoccabile. Voto: 5
Aquilani: Più altalenante della scorsa stagione, ma la duttilità e la tecnica che possiede lo rendono comunque importantissimo sia nel 3-5-2 che nel 4-3-3; forse dovrebbe imparare a tirare meno dalla distanza. Voto: 6.5
Borja Valero: Chi non lo ama a Firenze? E non solo per il figlio Alvaro che intona l'inno della squadra, ma per un insieme di cose: continuità, tecnica, geometrie... E se inizia anche a segnare... Gli manca soltanto una cosa: la Nazionale. Voto: 8.5
Vargas: Quello che non ti aspetti. Confermato quasi a sorpresa, dopo che si era ipotizzato un suo ritorno in Perù, in lui viene riposta un'enorme fiducia da parte di Montella, che lo fa giocare con discreta continuità ed il calciatore ripaga questa fiducia con velocità, goal e prestazioni sublimi, che fanno sognare i tifosi Viola, a cui tornano in mente i bei tempi de El Loco. Voto: 7.5
Bakic: Qualche apparizione sporadica non è sufficiente per valutarlo, ma si può dire che nonostante la giovinezza, dimostra un'ottima tecnica; completamente errata la decisione di Montella di schierarlo come vice Pizarro, come ha potuto appurare lui stesso. Un prestito sarebbe l'ideale. Voto: nc
Mati Fernández: Ci si continua a chiedere se mai esploderà: alterna partite da campione ed altre in cui non sembra neanche esserci. Voto: 5.5
Wolski: Altro giovane che necessiterebbe del prestito, anche se alcune indiscrezioni recenti parlano di cessione... E' andato anche a segno, giocando come seconda punta, dimostrando di avere un ottimo potenziale; il suo futuro è un'incognita. Voto: nc
Ryder Matos: Montella si è subito innamorato di questo attaccante brasiliano, rinominato dai media "il Bomber di Coppa" viste le sue ottime prestazioni in Europa League coronate spesso dal goal; ultimamente sta anche trovando spazio in campionato, segno che è in crescita... Ed ha solo 21 anni. Voto: 7
Ilicic: Partenza da dimenticare per l'ex Palermo, soprattutto fisicamente. Montella ha aspettato prima di fargli assaggiare il campo, gli ha dato il tempo giusto ed ora è tornato, subito in goal... E se il buon giorno si vede dal mattino... Voto: 6.5 (con fiducia)
Iakovenko: Un vero flop, finito prestissimo fuori squadra; presenta limiti evidenti e sembra non essere da Viola. Voto: 4
Joaquin: E' un vero peccato non vederlo sempre in campo, perchè quando c'è fa spesso la differenza sulla sua fascia... Ma d'altronde ha davanti un certo Cuadrado... Voto: 6.5
Rebic: Per il talento croato molti problemi fisici che ne hanno limitato il rendimento, per lui solo spezzoni di partita: da rivedere. Voto: nc
Cuadrado: Il colombiano è esploso definitivamente: con lui la squadra ha un punto di riferimento importante sulla fascia destra. Quando manca si sente e la Viola è molto meno fantasiosa; da rimproverargli solo qualche numero inutile e di troppo, ma a Firenze si spera possa rimanere a lungo... Voto: 8.5
Mario Gomez: Il tanto agognato panzer tedesco è durato poco: subito out per infortunio. Il suo rientro fortunatamente è molto vicino, sperando che faccia valere i 15 milioni spesi. Voto: nc
Rossi: Chi si sarebbe mai aspettato che Pepito, dopo due anni di grave infortunio, sarebbe tornato così devastante? Nessuno, neanche i più ottimisti... Ma ora è lassù, Capocannoniere, con una storica tripletta alla Juve alle spalle e con la Nazionale riconquistata. E' lui il Re di Firenze! Voto: 10 e lode
All. Montella: Questa è la SUA Fiorentina, che ragiona come lui vuole e mette in pratica tutti i suoi insegnamenti; in pochi anni è diventato un grande allenatore, che in molti vorrebbero, ma al momento ha affidato il suo futuro a Firenze, come testimonia il nuovo contratto firmato... Non si potrebbe voler di meglio. Voto: 9

lunedì 23 dicembre 2013

VEDI CAGLIARI E POI SCOMPARI

Immagine tratta da unionesarda.it e modificata su befunky.com
Radja Nainggolan, il 25enne belga di madre indonesiana del Cagliari è al centro del mercato italiano. Juventus, Milan ed Inter si contendono a suon di milioni il cartellino del mediano, valutato sui 15 milioni. Questa volta Cellino pare proprio sul punto di cedere, e, al solito, la sua bottega è molto cara. Acquistato per poche centinaia di migliaia di euro nel 2010 dal Piacenza, il patron del Cagliari sta già pregustando una plusvalenza di vitale importanza per le casse societarie.
Calcisticamente parlando, Cagliari è un'isola felice e molti giocatori che al Sant'Elia hanno mostrato grandi cose, sono sorprendentemente spariti dai radar non appena si son trasferiti altrove. Vediamo qualche caso.
La storia dei desaparecidos rossoblù possiamo iniziarla nel lontano 2001, quando con la retrocessione in Serie B Cellino avvalla la cessione di Fabian O'Neill, astro nascente uruguayano e numero 10, alla Juventus per 18 miliardi di lire. Le critiche parlano di ennesimo colpo di mercato di Lucianone Moggi, ma il povero Fabian entra come una scheggia nella categoria "spariti dai radar". Lascia la Sardegna a 27 anni, ma dopo il trasferimento collezionerà solo 14 presenze alla Juve, 9 al Perugia e 5 al Nacional Montevideo, abbandonando il calcio a soli 29 anni per dedicarsi alla sua fazenda sudamericana. 
Fabrizio Cammarata, invece, doveva essere il grande colpo del Cagliari in B del 2001 per una immediata risalita, 15 miliardi dal Verona, tutt'ora l'acquisto più oneroso della storia rossoblù. Esperienza fallimentare in terra sarda: 107 match e soli 24 gol. Ancor più fallimentare il resto della carriera: Parma, Catanzaro, Pescara, Taranto, Salernitana, Pro Patria, Sambenedettese, Pro Vasto, Renato Curi Angolana e Sulmona. 
E Fabio Macellari? Merce rara i terzini sinistri in Italia, l'Inter se lo accaparra nel 2000 a suon di denari, ma fallisce miseramente. La sua storia si intreccia con brutte esperienze personali, dopo i nerazzurri poche presenze tra Bologna, ancora Cagliari, Pavia, Triestina, Lucchese, Sangiovannese, Villasimius, Vado, Loanesi, Finale, Bobbiese. Un declino totale.
E gli Zola-Boys? Langella, Mauro Esposito e David Suazo, stagioni stellari sotto i quattro mori, i primi due arrivati persino in Nazionale, ma dopo Cagliari? Antonio Langella ha disputato una stagione discreta nell'Atalanta di Delneri, per poi sparire misteriosamente tra le 0 presenze di Udine, le 22 di Chievo e le 9 di Bari. Mauro Esposito, dopo un grave infortunio si trasferisce per 4 milioni di euro alla Roma, ma anche lui sparisce: 8 presenze a Roma, 27 al Chievo, 18 al Grosseto e 19 nell'Atletico Roma, e scarpini appesi al chiodo a soli 32 anni.
David Suazo pareva una stella del campionato italiano: nel 2007 si trasferisce per 13 milioni più metà Acquafresca all'Inter di Mancini. Ma dopo una stagione balbettante da riserva, imbocca un netto declino: 12 partite a Benfica, 16 al Genoa e 6 al Catania. In pratica un flop.
E proprio Robert Acquafresca, il suo erede, è uno dei "desaparecidos" più recenti e significativi: a soli 22 anni a Cagliari ha già siglato 24 reti in Serie A, l' Inter ne riscatta la metà pagandola a peso d'oro, per girarlo nell'affare Milito al Genoa, e lui si ritrova prima a Bergamo (12 presenze e 1 rete), quindi proprio al Genoa (10 presenze e 2 reti), poi torna a Cagliari dove disputa una stagione sufficiente (37 gare e 8 gol), ma poi ancora il declino: Bologna (38p. 5 reti), Levante (11 gare e 3 segnature) e in questa stagione 3 presenze da subentrato sempre a Bologna. A 26 anni sembra già fuori dal giro che conta.
Aggiungiamo anche Alessandro Matri? Per 18 milioni di euro più metà Ariaudo e metà Ekdal passa alla Juventus. Ma il rendimento bianconero è altalenante: 27 reti in 69 match, per poi passare al Milan, dove sta disputando una stagione sottotono: 14 presenze e 1 sola rete realizzata. Insomma forse anche lui è stato sopravvalutato.
Michele Canini è stato un ottimo difensore a Cagliari, ma chiede di esser ceduto per avvicinarsi a casa. Titolarissimo assieme ad Astori dopo 7 stagioni sarde passa al Genoa, 14 gare, per poi tornare nella sua Bergamo, con 12 presenze nel 2013 e 8 in questa stagione. Ormai è una riserva, anche per lui dopo la Sardegna i riflettori vanno spegnendosi.
Lazzari invece dopo una pessima parentesi alla Fiorentina, sta disimpegnandosi discretamente a Udine, e così Biondini, che tra Genoa e Atalanta è riuscito ad essere spesso titolare. L'unico restato su livelli eccellenti è stato Federico Marchetti alla Lazio, arrivando a riconquistare meritatamente la maglia azzurra.
Ma per una nota positiva, le note negative sono decisamente troppe. Quale sarà il destino di Nainggolan?
Anche per lui varrà il motto "Vedi Cagliari e poi...scompari"?

SERIE A 2014: TIRIAMO LE SOMME - SECONDA PUNTATA

Immagine tratta da hdtimes.it
Il derby della Madonnina ha chiuso ufficialmente il 2013 calcistico, con appena due partite per sancire il titolo di campione d'Inverno e il giro di boa ufficiale del campionato. Noi approfittiamo di questa sosta per fare un primo bilancio della situazione e dare i nostri voti alle squadre.
ATALANTA: Stagione fino a questo momento altalenante per i nerazzurri di Bergamo, in calo soprattutto nelle ultime partite. Denis è sempre il punto di riferimento, l'impressione è che qualche rinforzo sia più che necessario per gennaio. Voto 6.
BOLOGNA: Resta l'impressione di inizio anno, Diamanti è l'unica luce in una squadra con pochissima qualità e ancor meno idee. Pioli è in bilico, il nome di Baggio è sempre più insistente, ma la vera svolta deve arrivare anche dal mercato. Voto 5.
CAGLIARI: Dopo le peregrinazioni di inizio anno, il ritorno sofferto al Sant'Elia ha portato qualche punto e un po' di morale in più. Il gioco è un po' alterno, il mercato rischia di portar via qualche pezzo pregiato, la forza in più può venire da un vivaio sempre produttivo. Voto 6,5.
CATANIA: La vera delusione di inizio campionato. Delle due ottime annate precedenti non è rimasto quasi nulla, il cambio Maran-De Canio non ha portato miglioramenti, mancano geometria a centrocampo e solidità in difesa. Urgono rinforzi per ribaltare la difficile situazione. Voto 4,5.
CHIEVOVERONA: Il ritorno di Corini ha dato un po' di respiro dopo la deludente gestione Sannino, ma la strada verso la salvezza è lunghissima. Attacco arido, solo quello del Catania segna meno, e centrocampo poco solido, tutte cose su cui lavorare a gennaio. Voto 5.
FIORENTINA: L'acquisto di Gomez non ha avuto impatto, ma Giuseppe Rossi ci ha messo poco a diventare il nuovo idolo della Fiesole. Gioco e qualità non mancano, la corsa a quella Champions sfuggita lo scorso anno stavolta potrebbe concretizzarsi. Voto 7.
GENOA: Il ritorno di Gasperini ha rivitalizzato la squadra, portando punti e un po' di gioco al gruppo, oltre ad un'importante risalita in classifica. Con degli adeguamenti in rosa a gennaio la salvezza può essere meno sofferta delle ultime stagioni. Voto 6.
INTER: Il derby vinto ha rilanciato il gruppo di Mazzarri, un po' in calo nelle ultime uscite. Difesa da perfezionare visti i troppi gol subiti di recente, Thoir porterà soldi e idee per crescere, in attesa di Milito la vera arma in più in attacco è Palacio. Basterà per agguantare la Champions? Voto 6,5.
JUVENTUS: Capolista non per caso, i numeri parlano per lei. 15 vittorie su 17 partite, dalla sconfitta a Firenze nove successi di fila e un solo gol subito. Tevez-Llorente è una coppia d'attacco micidiale, che innestata in un gruppo solido e rodato può guidare i bianconeri al terzo scudetto di fila. Voto 8.
LAZIO: Se si guarda la sua classifica dello scorso anno non si può che rimanere delusi. L'effetto Petkovic sembra essersi esaurito, il gioco latita, Hernanes sembra un fantasma e Klose da solo non può bastare. Urgono rinforzi e immediati cambi di rotta, anche al timone se necessario. Voto 5.
LIVORNO: Dopo un buon inizio, i toscani stanno vivendo un periodo di calo preoccupante, che li ha riportati pericolosamente in zona retrocessione. La rosa va migliorata soprattutto in difesa e nel gioco, perché Paulinho e Siligardi non possono bastare per la salvezza. Voto 5,5.
MILAN: Il derby perso è la ciliegina sulla torta amara di questo inizio stagione. Gioco deficitario, difesa troppo leggera e centrocampo senza qualità che non supporta bene l'attacco. Rami e Honda daranno una mano in questi settori, ma per ripetere il miracolo dello scorso anno servirà molto di più. Voto 5,5.
NAPOLI: Per la rosa e il gioco espresso è ancora una pretendente allo scudetto, ma deve migliorare contro le piccole e magari adattare di più il modulo alle esigenze delle partite. Per gennaio sono annunciati rinforzi in difesa e a centrocampo, basteranno per cercare la rimonta-scudetto? Voto 7.
PARMA: Avvio stentato e lenta ripresa per i ragazzi di Donadoni, con un ottimo Parolo e un Cassano in forma per centrare finalmente un Mondiale. Il potenziale per salvarsi subito c'è, bisogna dare continuità al gioco e ritrovare i veri Amauri e Biabiany. Voto 6,5.
ROMA: Dopo i pareggi sono tornate le vittorie pesanti, il ritorno di Totti e Destro può aiutare una squadra che continua a far bene e resta l'unica imbattuta del campionato. A gennaio si aprirà con la sfida alla Juve a Torino, un risultato positivo riaprirebbe tutto in chiave scudetto. Voto 7,5.
SAMPDORIA: La cura Mihajlovic sta funzionando, sono tornate grinta e voglia di lottare, anche se si ha ancora l'impressione che manchi un vero bomber in squadra. Natale potrebbe portare una punta in regalo sotto l'albero, e magari qualche rinforzo di qualità a centrocampo. Voto 5,5.
SASSUOLO: L'inizio disastroso sembra un ricordo lontano, ma la strada per la salvezza è ancora molto lunga per la squadra emiliana. La fase difensiva va ancora registrata, contro le grandi si soffre sempre tanto, ma con le vittorie negli scontri diretti si può centrare l'obiettivo. Voto 6.
TORINO: La vera sorpresa del torneo insieme al Verona. I granata giocano bene e rendono soprattutto in casa, dopo Cerci anche Immobile sta esplodendo e convincendo sempre di più. Il gruppo c'è, e sembra lecito puntare a qualcosa di più della semplice salvezza. Voto 6,5.
UDINESE: L'impressione è che rispetto agli anni passati manchi qualcosa, e che il miracolo Europa questa volta non si possa ripetere. Di Natale non è eterno, la rosa sembra inferiore a quelle precedenti, sembra più realistico puntare alla salvezza che ad altro. Voto 5,5.
VERONA: Essere al sesto posto da neopromossa è un risultato strepitoso. Mandorlini sta rivitalizzando Toni e ha scoperto giocatori interessanti come Iturbe e Jorginho. Forse calerà nell'anno nuovo, ma finora è la rivelazione di questo campionato. Voto 7.

domenica 22 dicembre 2013

17°T. / BALOTELLI DOVREBBE IMPARARE DA LUCA TONI

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I match: Livorno-Udinese 1-2, Cagliari-Napoli 1-1, Bologna-Genoa 1-0, Atalanta-Juventus 1-4, Roma-Catania 4-0, Sampdoria-Parma 1-1, Sassuolo-Fiorentina 0-1, Torino-Chievo 4-1, Verona-Lazio 4-1, Inter-Milan 1-0.
Il commento: alla pausa natalizia la Juve è già imprendibile. 15 vittorie su 17 match, +5 su una Roma dal rendimento clamoroso e +10 su un Napoli che doveva lottare per lo Scudetto dopo la sontuosa campagna acquisti estiva e che sta raccogliendo solo briciole, a dispetto dei sorrisi di facciata. Solo la Fiorentina resta in scia per la zona Champions, a 3 punti dai partenopei. L'Inter con sole due sconfitte in 17 gare è comunque solo 5a, a -15 dalla vetta. Splendide sorprese il Verona di un Luca Toni sontuoso (36 anni e 7 reti in 15 presenze), che mangia il pandoro a quota 28 e il Toro di Ventura e Cerci a quota 25. Delude il Milan, che ne ha vinte solo 4 su 17 ed è 12°, a -27 dalla Juventus. E siamo solo a Natale. In coda meritato ultimo posto per un confuso e depresso Catania a -5 dalla salvezza. Penultimo troviamo il Livorno, francamente con una rosa inadeguata per la massima serie, comunque ancora a -2, e il Sassuolo, che paga il pessimo avvio. Chievo e Bologna attualmente paiono le altre due compagini che lotteranno per la permanenza in A sino all'ultima gara. Campionato tranquillo in vista per tutte le altre.
La mossa tattica: la mossa tattica di giornata non paga. Allegri sfodera per il derby e forse contagiato dal periodo, un albero di Natale di stampo ancelottiano, con Kakà e Saponara a sostegno di Balotelli. Il 22enne Saponara ha qualche buon numero, ma pare acerbo per esordire da titolare in A in un match così sentito. Il Milan inizia benino, ma crea poco e male, senza un chiaro costrutto di gioco. Da quando c'è Balotelli i rossoneri hanno subito un'involuzione di gioco evidente. Ricordate il bel Milan giovane e sperimentale del tridente con El-Shaarawy largo che dava spettacolo? Era senza Balotelli. Sarà stato solo un caso?
L'uomo del giorno: Luca Toni. Ecco, uno da cui SuperMario Balotelli dovrebbe imparare. Oltre alle 7 reti è costantemente determinante in ogni azione offensiva del suo Verona. Oggi sigla una sontuosa doppietta a Marchetti. A 36 anni suonati è da Nazionale. Molto più di Balotelli a 23. 
La sorpresa: il Bologna è la sorpresa di giornata. Pioli era un dead man walking. Le ombre pesantissime di Baggio e Zola si allungavano sulla sua panchina. Ma la squadra dà tutto quel che ha in campo, e grazie a Capitan Diamanti coglie i 3 punti contro un Genoa troppo rinunciatario. In pochi avrebbero scommesso su questo successo.
La delusione: la Lazio è allo sbando. Petkovic vive di rendita per un inizio di stagione scorso brillantissimo e per la conquista della Coppa Italia. Ma il suo 2013 è stato da incubo. 12 vittorie, 9 pari e ben 16 sconfitte nell'anno solare. E un gioco che non convince. Oggi soccombe 4-1 a Verona contro l'Hellas. Capolinea per Petkovic?
La conferma: vincere a Bergamo non è mai semplice, ma la Juventus alla lunga asfalta anche l'Atalanta. 1-4 anche senza Pirlo. La Juve gioca a memoria, in Italia non ha rivali. Il tris tricolore è prenotato. 
La classifica: 46 Juventus; 41 Roma; 36 Napoli; 33 Fiorentina; 31 Inter; 29 Verona; 25 Torino; 20 Parma, Genoa, Lazio, Udinese, Cagliari; 19 Milan; 18 Sampdoria, Atalanta; 15 Chievo, Bologna; 14 Sassuolo; 13 Livorno; 10 Catania.
Prossimo turno: Chievo-Cagliari, Fiorentina-Livorno, Juventus-Roma, Napoli-Sampdoria, Catania-Bologna, Genoa-Sassuolo, Milan-Atalanta, Parma-Torino, Udinese-Verona, Lazio-Inter.

sabato 21 dicembre 2013

UN DOLCE PANETTONE

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su befunky.com
Il match: sfida casalinga per il Cagliari, questa volta contro il Napoli di Benitez. I sardi reduci da un filotto di 5 risultati utili consecutivi (2 vittorie e 3 pareggi), gli azzurri partenopei da 3 (2 vittorie e 1 pari), ma con uno score poco rassicurante di 7 reti subite nell'ultimo trittico, e che prendono gol da 7 partite consecutive. Nel Cagliari è infortunato Ibarbo, squalificato Rossettini, convalescente in panchina Pinilla e fuori per scelta tecnica Agazzi e Ariaudo. Nel Napoli sono infortunati Cannavaro, Mesto, Hamsik e Zuniga, e restano in panchina Inler e Armero a favore di Dzemaili e Reveillere. Il Cagliari si dispone con il classico 4-3-1-2, con il classe '95 Del Fabro a far coppia a centro difesa con Astori, e ben quattro sardi in campo (Del Fabro, Pisano, Cossu, Sau). I partenopei con l'usuale 4-2-3-1.
La cronaca: la partita è brillante solamente nella prima frazione, parte a mille il Cagliari, che al 9' passa con un rasoterra di Nenè su assist di Astori, pareggia il Napoli su un rigore di Higuain al 19' su ingenuità colossale sempre di Astori. Primo tempo equamente diviso, prima parte appannaggio dei sardi, seconda parte favorevole agli azzurri. Secondo tempo pessimo, zero spettacolo e in pratica nessun tiro in porta. Se non si trattasse di un Cagliari-Napoli, sarebbe quasi da ufficio indagini. Pareggio giusto.
La chiave tattica: se il Napoli non ha una difesa di ferro (20 reti in 17 gare) non è un caso. Ma il Cagliari non riesce a pungere nè in contropiede con lanci precisi e veloci, nè sulle ali, sfruttando la poca propensione al raddoppio difensivo degli esterni d'attacco Callejon e Insigne. E' sconsolante, poi, vedere che quando i sardi hanno la palla al piede, non sanno cosa fare. Le mosse, costanti oramai, di Pisano piazzato a sinistra pur destro di piede, e Dessena terzino destro con piedi quadrati e sempre a disagio, richiamano scempi degni del peggior Ficcadenti (non a caso emigrato ad allenare il Tokyo).
L'uomo partita: Radja Nainggolan dimostra di valere molto, è, per distacco, il migliore in campo, recuperi grintosi ed efficaci, conditi da buoni passaggi. Imprescindibile per la sua squadra, se verrà ceduto a gennaio, il Cagliari perderà moltissimo. Anche perchè i suoi sostituti in rosa rispondono ai nomi di Eriksson e Dessena. Che il buon anno la mandi buona.
La sorpresa: citiamo ancora Nenè, ultimamente i palloni che tocca si trasformano in occasioni pericolose. Oggi segna il suo secondo gol stagionale, peccato per l'infortunio che lo toglie dal campo dopo soli 13 minuti. 
La delusione: Astori. Il nazionale italiano (o ex?) non è la prima volta che a cospetto di top team procura rigori, o si fa espellere o fa autoreti. Insomma, quando dovrebbe guidare la difesa dall'alto del suo talento, cade in errori da novellino. Tutti decisivi nelle reti subite, peraltro. Troppa sicurezza? Poca concentrazione? Sopravvalutato?
La conferma: il vivaio rossoblù ormai da qualche tempo sforna talenti niente male. Oggi vetrina per Dario Del Fabro, 3 presenze lo scorso campionato, e prima per questa stagione. 18 anni e nessun errore. Con i vari Sau, Murru e Pisano il lavoro di Matteoli sta portando frutti prelibatissimi. E occhio anche a Barella, classe '97, il prossimo in rampa di lancio, titolarissimo in tutte le Under azzurre.
La classifica: sono 20 i punti del Cagliari dopo 17 gare. 4 vittorie 8 pareggi e 5 sconfitte. Le reti fatte sono 18, quelle subite 24. Metà classifica precisa conquistata senza incantare. I punti sulla zona B sono 7. Insomma un dolce panettone.
Prossime gare: 5 gennaio Chievo-Cagliari, 12 gennaio Cagliari-Juventus, 19 gennaio Atalanta-Cagliari.

giovedì 12 dicembre 2013

QUESTIONE DI...DNA

Immagine tratta da mirror.co.uk
L'avventura in Champions League della Juventus in questo 2013-14 è già finita. L'anno che era stato indicato da molti come quello giusto in cui puntare alla Coppa dalle grandi orecchie si è rivelato molto meno felice di quello passato, dove complice un sorteggio favorevole si era arrivati tra le prime otto d'Europa. Stavolta invece la corsa al trono continentale si è interrotta al primo step, impantanata nel campo innevato e fangoso di Istambul, che tanto ha fatto e farà discutere, in un freddo pomeriggio di dicembre.
Un'eliminazione dura da digerire, una retrocessione in Europa League che di certo fa rabbia a tanti, dai giocatori alla dirigenza fino ovviamente all'allenatore, ma che deve far riflettere tutto l'ambiente su una cosa: la Juve non è una squadra da Champions, non lo era quando metteva in mostra campioni del calibro di Zoff, Platini, Boniek, Scirea e Paolo Rossi, figurarsi adesso che le grandi stelle del calcio mondiale giocano in altri campionati. Si è spesso detto che il club torinese, abituato a primeggiare e a recitare la parte del leone in Italia, fatichi troppo e troppo stesso a trovare la sua dimensione nel panorama europeo. Mai come ieri questa frase, per molti falsa e priva di fondamento, è sembrata vera, alla luce poi della contemporanea qualificazione del Milan, che paga ben 22 punti di ritardo dalla Veccha Signora in serie A e sta attraversando una complessa fase di transizione, una delle più difficili nella sua recente storia. Entrambe le squadre si trovavano in una situazione simile: due risultati su tre a favore, un punto in casa e una sconfitta onorevole in trasferta contro l'avversaria più ostica del girone (Real per i piemontesi, Barça per i rossoneri), e altre rivali temibili ma sulla carta inferiori e battibili. 
Certo, si può dire che il Milan aveva il vantaggio di giocare in casa, con un campo in ottime condizioni, e contro un gruppo talentuoso ma ancora giovane e "acerbo" per questa competizione, ma non sembrano differenze così rilevanti, soprattutto con i milanesi costretti a giocare in dieci quasi tutta la gara. Inoltre, la squadra di Allegri la qualificazione se l'era guadagnata prima, indovinando l'approccio alle gare sulla carta più "facili" del girone, portando a casa 6 punti su 6 contro il Celtic, una dote che insieme al pari conquistato all'ultimo minuto in Olanda contro l'Ajax all'andata ha dato più confidenza e fiducia al gruppo. La Juventus, invece, ha giocato da squadra di alto livello solo le sfide contro il Real Madrid, mentre ha steccato in tutte le altre sfide: 1 punto su 6 contro i turchi, con un pareggio casalingo subito un minuto dopo essere passati in vantaggio, e 4 su 6 contro il modesto Copenaghen, assediato senza lucidità in Danimarca e battuto più con cinismo ed episodi che con il gioco in casa. A conti fatti, chi può maggiormente e giustamente recriminare per una qualificazione che sarebbe stata ampiamente meritata è il Napoli, terzo con 12 punti in un girone estremamente duro, condannato dalla differenza reti ma uscito dal torneo a testa altissima, a differenza proprio dei bianconeri. A raccontarci di una coppa indigesta alla Signora torinese sono anche i numeri: su 28 partecipazioni, in ben 13 occasioni la Juve è stata eliminata tra primo e secondo turno, vale a dire circa la metà dei casi, si trattasse di gironi o di scontri andata e ritorno, vincendo il trofeo solo 2 volte (con 5 finali perse, record condiviso con il Benfica). Tanto per dare un'idea, il Milan ha disputato lo stesso numero di volte la coppa, con solo 10 eliminazioni nei primi due turni e ben 7 vittorie su 11 finali disputate, e l'Inter in 17 partecipazioni ha 12 piazzamenti dai Quarti di finale in su e 3 successi su 5 finali giocate.
Al di là dei numeri, sono i risultati e l'atteggiamento mostrato in campo che lasciano perplessi da sempre i tifosi bianconeri, scoraggiati e a tratti sconcertati dalla clamorosa involuzione mostrata tra una partita di campionato e quella successiva in Coppa. La Juve sembra quasi svuotarsi, perdere sicurezza e concentrazione, bloccarsi davanti alla paura di rimediare una brutta figura in Europa, incapace di risolvere e chiudere con tranquillità sfide sulla carta facili. Al di là di tecnici, dirigenti e giocatori, la vera mancanza della squadra sembra proprio caratteriale, storica, verrebbe quasi da dire che i bianconeri non hanno nel DNA la "fame" giusta per imporsi nel palcoscenico internazionale, e in particolare in quella che è la Coppa più desiderata e voluta da tutti a livello di club. La stagione 2014 non è di certo finita con la sconfitta di ieri, il campionato è ancora lunghissimo e ad anno nuovo inizieranno anche la Coppa Italia e l'Europa League, con la finale che si disputerà proprio a Torino. Un'ottima occasione insomma per restare competitivi e magari vincere un trofeo in Europa, impresa che non riesce ai bianconeri dal 1996, anno della Champions conquistata sotto la guida di Marcello Lippi. Con una coppa in più in bacheca, magari, si riuscirà a programmare meglio il mercato e il prossimo futuro, con l'ennesimo assalto da portare al trono d'Europa, in cerca di quel DNA da vincenti che continua a mancare alla Veccha Signora nei momenti decisivi.


lunedì 9 dicembre 2013

UNO SCHIAFFO PER REAGIRE

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su befunky.com
Il match: seconda partita casalinga di fila per il Cagliari, stavolta impegnato contro il Genoa di Gasperini. I sardi sono reduci da una mini striscia positiva di 3 gare (1 vinta e 2 pari), i rossoblù liguri da 5 (3 vinte e 2 pari). Nel Cagliari fuori ancora Agazzi ed Ariaudo per "scelta tecnica", Perico e la pantera Ibarbo per infortunio, nel Genoa manca il solo Matuzalem, squalificato. Diego Lopez lascia a sorpresa in panchina Cossu e Murru, preferendogli Ekdal ed Avelar nel solito 4-3-1-2. Gasperini con il suo 3-4-3 con Lodi regista e Kucka e Feftatzidis a supportare il bomber Gilardino. Il Cagliari inizia bene, ma, al solito, viene trafitto alla prima azione avversaria, disattenzione abominevole in marcatura di Rossettini e Gila al 16' porta i suoi avanti. La reazione dei sardi è sterile, ma la Dea Bendata ci mette una pezza e l'arbitro al minuto 43 regala una doppia ammonizione al genoano Manfredini: episodio quantomeno discutibile. Da lì in poi è un assedio del Cagliari. Al 76' e al 92' una doppietta del redivivo Sau regala la vittoria ai sardi, ma quanta fatica! 3 delle 4 vittorie in stagione sono arrivate in rimonta, mentre si perdeva. Sarà un caso? Serve uno schiaffo per reagire ogni volta? Ben 8 reti delle 17 segnate sono arrivate negli ultimi 10 minuti di gioco, portando 9 punti complessivi.
La chiave tattica: il 3-4-3 del Genoa è molto elastico, e spesso è un 5-3-1-1 ben chiuso, e nel primo tempo i liguri attaccano poco, pur chiudendo in vantaggio. L'espulsione ingiusta di Manfredini fa sì che la ripresa si giochi ad una porta sola, esaltando le doti del baby portiere Perin (che DiBiagio non convoca mai nell'Under 21). Diego Lopez prende coraggio e al 46' schiera Cossu ed Ibraimi, assieme a Sau e Pinilla in attacco. Al 77' sull' 1-1, in campo anche Nenè, per una versione a 2 trequartisti larghi e 3 punte del tutto inedita. Il Genoa è alle corde, e, nel recupero arriva la vittoria. E' un buon segno che il Cagliari rimonti sempre quando saltano gli schemi e va all'arrembaggio? O forse gli schemi iniziali son poco incisivi?
L' uomo partita: chiaramente Marco Sau, autore della doppietta decisiva. Il bomber tascabile di Tonara sigla due reti di pregevole fattura. Il gol contro il Sassuolo pare averlo risvegliato, sale a 4 reti in stagione, miglior marcatore della squadra assieme al Capitano Conti.
La sorpresa: nomination per Nenè, la cui rovesciata sbilenca regala l'assist vincente a Sau. Anche ieri, non tocca molti palloni, forse solo quello, ma sia con il Sassuolo, che con il Genoa, il suo ingresso cambia la partita: ogni pallone toccato diventa oro.
La delusione: Albin Ekdal viene schierato dietro le punte, ma nei 77 minuti in cui è in campo, gira un po' a vuoto. L'assenza prolungata per l'infortunio pesa, e risulta essere il meno in palla dei suoi. Deve ritrovare la forma ed il ritmo partita.
La conferma: importante come la doppietta di Sau, la parata di Vlada Avramov al 74' salva la partita del Cagliari. Un bolide mancino di Antonelli da distanza ravvicinata, avrebbe potuto portare il match sullo 0-2, ma il portiere serbo si dimostra in stato di grazia, respingendo in angolo. Dal cambio Agazzi-Avramov il Cagliari pare averci addirittura guadagnato. 
La classifica: la graduatoria sorride, il Cagliari è 9° a pari punti con Milan e Parma, 4 vittorie, 6 pareggi e 5 sconfitte. Le reti fatte salgono a 17, quelle subite a 23. 5 sono ora i punti di vantaggio sulla terzultima (al 75' erano solo 2...).
Prossime gare: il 15 dicembre Parma-Cagliari, il 21 dicembre Cagliari-Napoli, il 6 gennaio Chievo-Cagliari.

sabato 7 dicembre 2013

ARRIVEDERCI, INVINCIBILE MADIBA

 
 Video tratto da youtube.com


A chi di voi è capitato di emozionarsi e di rimanere particolarmente colpito guardando un film sullo sport, o in cui comunque lo sport ricopriva un ruolo importante? A me è successo diverse volte, soprattutto nel recente passato, e c'è un film in particolare che, a primo impatto, mi ha lasciato davvero il segno, mi ha fatto riflettere. Si tratta di Invictus, diretto qualche anno fa da Clint Eastwood, e interpretato in maniera superba da Morgan Freeman e da Matt Damon. La trama è tutta incentrata sul periodo della Coppa del Mondo di rugby del 1995, tenutasi in Sud Africa e fortemente voluta ed auspicata da un uomo che puntava a questo grande evento sportivo per iniziare la sua opera di pacificazione e unificazione di un Paese tremendamente diviso al suo interno.
L'uomo, l'avrete capito tutti, era Nelson Mandela, uno dei personaggi secondo me più importanti e più significativi del secolo scorso, un esempio inimitabile di forza d'animo, amore di patria e desiderio di armonia e pace tra cittadini della stessa nazione. Madiba, come è stato sempre soprannominato dai suoi concittadini, si è distinto in particolare per il suo ruolo politico e sociale, per la lotta convinta e incessante per i diritti civili dei neri e contro il vergognoso regime dell'apartheid, che l'ha portato a trascorrere un lungo periodo della sua vita in carcere, subendo sulla sua pelle tutte le angherie e le sofferenze del suo popolo, sostanzialmente sottomesso dalla minoranza bianca. Il suo più grande merito è stato quello di non cercare il potere per una sorta di rivincita o di vendetta, bensì per promuovere con forza e convinzione il processo di parificazione dei diritti tra le diverse etnie del Paese e di pacificazione tra bianchi e neri, avviando una convivenza pacifica e una netta crescita economica per il Sud Africa. Il "veicolo" scelto da Mandela per trasmettere nel miglior modo possibile il suo messaggio, guarda caso, è stato proprio lo sport. Subito dopo la sua elezione a Presidente del Sud Africa, ha concentrato tutta la sua attenzione nell'organizzazione della Coppa del Mondo di rugby, primo grande evento sportivo a cui la nazione africana era ammessa a partecipare dopo le esclusioni dovute alla politica dell'apartheid.
Immagine tratta da britannica.com
Nel film Invictus tutto ruota intorno al rapporto tra Mandela e François Pienaar, capitano degli Springboks (le gazzelle, il soprannome della squadra di rugby) in occasione di quel torneo, e al di là delle parti romanzate o enfatizzate la trama rispecchia molto fedelmente la realtà di quei giorni. Il legame tra questi due uomini, così diversi in tutto, diventa sempre più stretto e amichevole, superando ben presto la mera realtà sportiva, con il Presidente che convoglia tutte le sue energie per far amare il rugby alla comunità nera, che fino a quel momento lo detestava perché era lo sport preferito dai bianchi, e il giocatore che sprona con l'esempio i compagni e svolge un grandissimo ruolo di propaganda e d'immagine con la popolazione. Pienaar e gli altri membri della squadra saranno così coinvolti dal suo entusiasmo da decidere spontaneamente di visitare le ormai abbandonate prigioni di Robben Island, in cui Mandela e altri dissidenti politici erano detenuti in celle piccolissime, spaccando pietre per tutto il giorno, rimanendo fortemente toccati da quel viaggio e da quell'esperienza. Il risultato di questa collaborazione è strabiliante: il Sud Africa, pur partendo senza i favori del pronostico, sorprende tutti e si aggiudica la Coppa del Mondo, battendo in finale i fortissimi All Blacks della stella nascente Jonah Lomu. Vedere tutto lo stadio in festa, con persone di etnie così diverse unite dalla gioia per questo grande successo sportivo, esemplifica il trionfo dell'idea di Mandela, che per l'evento veste proprio la divisa di Pienaar e a fine partita gli consegna il trofeo della vittoria, in una delle immagini più belle della storia dello sport mondiale.
Un anno dopo, il Sud Africa coronerà anche il sogno di vincere per la prima volta la Coppa d'Africa di calcio, in un altro evento fortemente voluto dal Presidente e ospitato in casa, a coronamento di un biennio che a livello sportivo sarà irripetibile per la Nazione. Lasciata la carica a più di ottant'anni, Mandela rimarrà comunque una figura di rilievo per il Sud Africa e per il Mondo in genere, continuando la sua battaglia contro l'oppressione e in sostegno dei diritti umani e civili da dietro le quinte, con la sua presenza silenziosa ma al tempo stesso possente. Nel 2010, quando il suo Sud Africa è diventato la prima Nazione del Continente Nero ad ospitare una Coppa del Mondo di calcio, tutti gli occhi del Mondo saranno puntati su di lui, che a oltre novant'anni riesce a presenziare alla Finale, con la solita incrollabile forza di volontà che tante volte lo ha trascinato e spinto ad andare avanti nella vita. Sarà proprio quella l'ultima apparizione pubblica di Madiba, che se n'è andato nella notte di mercoledì, a oltre novantacinque anni, padrone del suo destino, capitano della sua anima, proprio come recita la poesia Invictus, che tanto ha apprezzato e a cui si è ispirato nei durissimi anni della prigionia, titolo del film da cui siamo partiti per questo nostro racconto. Arrivederci Madiba, ci mancherai.

lunedì 2 dicembre 2013

DA "DESAPARECIDO" A "RE LEONE"

Immagine tratta da sport.sky.it
Come ritrovarsi in casa un giocatore indesiderato, non richiesto e fuori forma, e scoprire dopo un paio di mesi di avere un estremo bisogno di lui. Ciò che sta accadendo in casa juventina con il centravanti Llorente è proprio questo: ignorato nei primi mesi di campionato, ora è decisamente lui il colpo del mercato bianconero, il giocatore giusto per tutte le esigenze e in tutte le partite. Un'evoluzione incredibile e per molti inattesa, quella del bomber basco, non se si guarda l'idea di gioco impostata da Conte e qualche episodio analogo del recente passato dei campioni d'Italia. 
Fin dalla sua prima stagione sulla panchina della Juve, infatti, il tecnico salentino ha sempre puntato su un attaccante di peso e di sostanza, magari non fenomenale sotto porta ma in grado con il suo fisico e le sue caratteristiche di dare profondità, far salire la squadra, e magari buttarla dentro con qualche giocata "sporca", stilisticamente non perfetta ma molto più efficace di dribbling e colpi di fantasia. Matri era l'esempio perfetto del centravanti voluto da Conte, che non a caso ha preso piuttosto male la sua cessione nell'estate, soprattutto per l'abnegazione e l'utilità che il ragazzo ha sempre dimostrato di possedere all'interno del gruppo, a prescindere dalle sue medie realizzative non sfavillanti. Titolare fisso nel primo scudetto della rinascita juventina, Matri si è poi dovuto giocare il posto giocatori simili a lui per stile di gioco e caratteristiche, come Quagliiarella e soprattutto Borriello, voluto proprio da Conte per dare una mano nelle fasi cruciali della corsa al titolo. Anche l'anno successivo, dopo una prima fase di stagione con il duo Vucinic-Giovinco titolare, la vera svolta tattica bianconera è arrivata con il reinserimento di Matri, che ha dato peso ad un attacco altrimenti fantasioso ma troppo leggero e, a tratti, inconcludente contro difese veloci e brave a non scoprirsi.
Llorente nel suo gioco è certamente simile a Matri per fisico e caratteristiche, ma con qualche netta differenza, di stazza ma soprattutto di tecnica. Lo spagnolo è più robusto, 10 centimetri e altrettanti chili in più dell'attaccante oggi al Milan, e unisce a questi vantaggi una capacità migliore di tenere il pallone, fare sponde veloci per i compagni e farsi trovare pronto sotto porta nei momenti importanti. E' anche più giovane di un anno, il che non guasta mai se si pensa in chiave futura, e conosce bene il palcoscenico europeo e internazionale, avendo disputato tre edizioni consecutive dell'Europa League con l'Athletic Bilbao (con tanto di finale persa nel 2012), ed essendosi aggiudicato con la Nazionale spagnola il titolo Mondiale nel 2010 ed Europeo nel 2012, pur giocando molto poco. Non è un fenomeno, ben inteso, ma conosce bene il ruolo del centravanti vecchia maniera, fisico e opportunista, e sa sfruttare bene le sue occasioni. Arrivato a costo zero perché in scadenza di contratto, a inizio stagione ha dovuto ambientarsi con il campionato italiano, e soprattutto ritrovare la forma migliore, visto che nella scorsa stagione aveva giocato poco per via del suo desiderio di lasciare il club basco per approdare alla Juventus. Superata la diffidenza iniziale dell'ambiente e di Conte, che non sembrava riuscire a trovargli posto nel suo attacco, si è giocato bene la sua prima chance da titolare, segnando la rete decisiva contro il Verona, e anche in Champions si è fatto notare quando ha realizzato due reti agli spagnoli del Real Madrid, una al Bernabeu ed una a Torino. Da quasi due mesi il posto accanto a Tevez è suo, senza più discussioni, e nelle ultime tre partite con il Napoli, a Livorno e in casa con l'Udinese ha segnato le reti decisive per sbloccare e successivamente vincere i match e consentire ai bianconeri di allungare in vetta al campionato.
Una bella rivincita per lui e un grosso smacco per i tanti critici che l'avevano definito inutile, fuori luogo, inadatto al nostro calcio, sopravvalutato. La sua sembrava in effetti la fotocopia delle esperienze di altri attaccanti arrivati alla Juve con buone aspettative, non come obiettivi di mercato dichiarati, e rivelatisi con il passare del tempo un flop di cui liberarsi in fretta. Se Borriello, nel 2012, si era gradualmente fatto apprezzare con un paio di gol importanti, anche se non sufficienti a garantirgli la permanenza in bianconero, la scorsa stagione le esperienze di Bendtner (nove partite pressoché anonime) e del suo sostituto Anelka (due scampoli di gara senza lasciare il segno) avevano deluso non poco le aspettativa di tecnico e dirigenza. E dire che Llorente era dato sul piede di partenza già prima dell'inizio del campionato, sponda Barcellona, e che dopo il primo mese in cui non aveva quasi messo piede in campo i giornali spagnolo lo davano per "desaparecido", dimenticato chissà dove da Conte e dal suo staff...
Ora il nuovo "Re Leone", come viene chiamato dai tifosi per la lunga chioma castana e la barba (non ce ne voglia il grande Batistuta, proprietario ad honorem di questo titolo...), è praticamente insostituibile, la sua utilità in campo è sotto gli occhi di tutti, e lo stesso Conte lo elogia e sembra disposto a tutto pur di non privarsi di lui, anche ad esentarlo dal turnover. Da "desaparecido" ad eroe e potenziale colpo di mercato, il passo per Llorente è stato davvero breve.

SENZA UNO STRACCIO DI GIOCO

Immagine tratta da cagliaricalcio.net e modificata su befunky.com
Il match: al Sant'Elia, con la solita apertura al pubblico limitata a 5000 unità, si affrontano due squadre in salute di risultati: il Sassuolo reduce da 7 punti negli ultimi 3 match, ed il Cagliari reduce dalla fortunosa vittoria con il Torino e dall'altrettanto fortunoso pareggio contro la Roma.
Sassuolo senza Floro Flores, Cagliari senza Pinilla ed Agazzi, ufficialmente relegato al ruolo di terzo portiere. La gara ha un chiaro canovaccio: il Sassuolo domina il primo tempo e chiude sullo 0-2, passeggiando su un Cagliari balneare. Nel secondo tempo i neroverdi cercano di controllare chiudendosi in difesa e riescono nell'impresa di far segnare Nenè e Sau, due bomber in cerca di gol ormai da mesi. Pareggio sostanzialmente giusto, ma che pena.
La chiave tattica: il Cagliari sempre e solo cristallizzato sul 4-3-1-2 lento e prevedibile, il Sassuolo con un 5-3-2 perchè i terzini sono bloccati. Il furioso pressing emiliano stende la lentezza cagliaritana, e primo tempo giustamente chiuso sullo 0-2. Nella ripresa il Sassuolo si suicida con una tattica difensivista ad oltranza che non paga, quasi mai varca la propria metà campo e il Cagliari abbastanza casualmente pareggia. Peraltro in un totale minestrone tattico, con Pisano destro di piede sulla corsia mancina, che pesca addirittura un assist vincente, Ibraimi mancino sull'out di destra, Dessena messo al solito fuori ruolo come terzino destro, e togliendo Cossu, il più vivace di tutti nel secondo tempo. 
L'uomo partita: difficile individuarne uno sulla sponda cagliaritana. Diciamo Nenè, che sul primo gol del Sassuolo va a vuoto sull'angolo inzuccato da Marzorati, e che non ne azzecca una sino alla rete dell' 1-2 che riapre il match, con un colpo di testa perfetto. Poi, continua a non azzeccare un passaggio o uno stop. Ma quella rete è stata fondamentale.
La sorpresa: anche qui, tostissimo trovare una sorpresa. Proponiamo Checco Pisano, schierato terzino sinistro pur sapendo giocare solo con un piede, il destro, con una mossa pazza di ficcadentiana memoria. Eppure il nostro, sbagliando sull'out mancino controlli e passaggi da scuola calcio, riesce al momento giusto a rientrare sul destro e a crossare come mai gli era riuscito sinora, perfettamente in testa a Nenè. Farlo segnare è stata un'impresa.
La delusione: tuttora si cercano segni della presenza di Eriksson in campo, annega con la pioggia che cade in campo. Non si vede mai, fa numero in campo e basta. Incomprensibile concedergli 90 minuti, avendo comunque Ekdal in panchina. Dopo la prova convincente di Roma, quando c'è da costruire scompare. A 24 anni gli si chiede continuità.
La conferma: il pessimo gioco del Cagliari. In campo si passeggia, come consapevoli di una superiorità mai dimostrata. Il calcio dei sardi è lento, senza idee, spento. Esce Ibarbo, Cossu non è ai suoi livelli, e cala il buio. Son già più di una le partite rimesse in piedi senza lo straccio di un gioco. Non durerà. E Astori per l'ennesima volta perde palla e si prende gol. L'esperienza dovrebbe insegnare qualcosa, ma qui proprio no. Astori è l'emblema di una squadra che si specchia e si piace troppo, come se vivesse di rendita sulle prestazioni degli anni passati.
La classifica: il Cagliari attualmente è 14° con 15 punti, 3 vittorie, 6 pareggi e 5 sconfitte. 15 reti fatte e 22 reti subite in queste 14 partite. +3 sulla zona retrocessione.
Prossime gare: l' 8 dicembre Cagliari-Genoa, il 15 dicembre Parma-Cagliari, il 21 dicembre Cagliari-Napoli.