giovedì 30 agosto 2012

TANTI AUGURI, FURIA CECA!

Immagine tratta da tuttosport.com
Sono passati più di tre anni dal suo ritiro ufficiale dal mondo del calcio, eppure i tanti tifosi bianconeri continuano a sognare la sua lunga chioma bionda che corre su e giù per il campo, ricordano la grinta con cui lottava su ogni pallone senza mai tirare indietro la gamba, e esultano quando rivedono le sue reti, mai banali e sempre importanti. Pavel Nedved ha lasciato un grande vuoto nel cuore degli appassionati di calcio, non solo a Torino ma anche nella Roma biancoceleste, e ovviamente nella natia Repubblica Ceca, che ancora aspetta il suo degno erede. Oggi è il suo compleanno, festeggia i quarant'anni, ma vi assicuriamo che a vederlo non sembra invecchiato affatto.
Giovane di talento, centrocampista offensivo con il vizio del gol, Pavel tira i primi calci a pallone nelle giovanili del Dukla Praga, con cui debutta nel massimo campionato ceco a nemmeno vent'anni. Ragazzo dalla straordinaria forza di volontà ma dal fisico piuttosto gracile, si dedica fin da piccolo alla corsa per potenziarsi e aumentare la sua resistenza, una dote che caratterizzerà tutta la sua carriera da calciatore. Passato nell'estate del 1992 allo Sparta Praga, vi rimane per quattro stagioni, segnalandosi come uno dei migliori prospetti del calcio ceco; pur essendo un centrocampista, nel suo ultimo anno a Praga supera la doppia cifra di gol, dimostrandosi anche un ottimo finalizzatore sotto porta. Nell'estate del 1996 sale alla ribalta del calcio europeo, raggiungendo insieme ai suoi compagni una storica finale del Campionato Europeo, persa solo ai supplementari contro la Germania di Klinsmann e Bierhoff; Nedved è uno dei tanti talenti emergenti della giovane generazione di campioni cechi, che comprende anche Smicer, Koller e Poborsky.
La vetrina europea gli vale una chiamata alla Lazio di Zeman, con cui fa subito vedere tutte le sue qualità, andando a segno ben sette volte in campionato e conquistando l'affetto dei tifosi biancocelesti per l'impegno e la dedizione con cui gioca. L'anno successivo arriva addirittura a 11 reti in campionato, il suo record assoluto in serie A, e contribuisce alla vittoria del primo trofeo dell'era Cragnotti, la Coppa Italia. Dopo aver vinto la Supercoppa Italiana contro la Juventus, segnando nell'occasione, Pavel vive la sua stagione più difficile per un lungo infortunio, e non riesce a dare il suo contributo alla squadra di Eriksson, che sfiora lo scudetto arrivando a un punto dal Milan. Si toglie comunque una grande soddisfazione realizzando il gol decisivo nella finale di Coppa delle Coppe contro il Maiorca, e la sua sarà l'ultima rete in assoluto nella storia della competizione, che da quell'anno non viene più assegnata.  L'anno successivo però Nedved torna al massimo della forma, e la sua presenza in campo si fa sentire nella Lazio che finalmente, proprio nell'anno del centenario, arriva al secondo titolo della sua storia dopo una straordinaria rimonta sulla Juventus; segna cinque volte, i due gol più importante li realizza in casa contro il Bologna, nella gara del Centenario del club, e nel derby di ritorno contro la Roma. La grande annata biancoceleste si completa con le vittorie in Supercoppa Europea contro il Manchester United e in Coppa Italia contro l'Inter.
Il 2000-01 è l'ultimo anno di Nedved con la maglia della Lazio: al termine di un'altra grande stagione, con reti importanti come la doppietta alla Juventus e il gol che avvia la rimonta nel derby con la Roma, viene ceduto proprio ai bianconeri di Torino a causa della crisi economica che sta colpendo la squadra di Cragnotti. Alla Juventus non sembra ambientarsi molto, il suo primo anno non inizia al meglio, poi il ceco migliora con il passare dei mesi e alla fine si rivela decisivo nella rimonta scudetto, segnando un gol importantissimo a Piacenza nella terzultima giornata. L'anno dopo, il 2003, è quello in cui Pavel raggiunge la sua piena maturità da calciatore, e l'apice della sua carriera. In campionato è il leader e il trascinatore della Juventus, con gol pesanti e prestazioni strepitose, con cui porta i bianconeri di Lippi al secondo scudetto consecutivo. In campo europeo fa altrettanto bene, in Champions segna gol come quello al Nou Camp di Barcellona nei Quarti di finale, e quello indimenticabile nella fantastica semifinale di ritorno contro il Real Madrid. Proprio in quella partita, purtroppo, prende un'ammonizione che gli costa la finale della coppa, e la sua assenza contribuisce alla sconfitta ai rigori della Juventus contro il Milan. L'annata di Nedved viene premiata dalla conquista del Pallone d'Oro, primo calciatore ceco a riuscire nell'impresa dai tempi del leggendario Masopust.
Nedved disputa altre stagioni importanti nella Juventus con il nuovo allenatore Fabio Capello, conquistando sul campo altri due scudetti che verranno poi cancellati dallo scandalo di Calciopoli, anche se il suo più grande sogno, vincere la Champions, non verrà mai realizzato. Nell'estate 2006, dopo aver preso parte per la prima volta con la sua Nazionale ai Mondiali di calcio, Nedved compie una scelta importante, che lo lega ancora di più ai tifosi bianconeri: resta a Torino e accetta di scendere in serie B, a differenza di altri campioni che chiedono la cessione. Non più giovanissimo, è comunque protagonista del ritorno della Juventus in serie A e di altre due ottime stagioni in massima serie, concluse con un terzo e un secondo posto. Nell'estate del 2009, a trentasette anni, decide che è arrivato il momento di dire basta, e in uno stadio stracolmo saluta il popolo bianconero, giocando la sua ultima partita proprio contro la Lazio che lo aveva lanciato tredici anni prima. Da allora Pavel non ha mai smesso di tenersi in forma, ha preso parte anche alla Maratona di Praga, e soprattutto è rimasto legato alla Juventus, tanto da diventare membro del C.d.A. bianconero nel 2010. I tanti tifosi della Vecchia Signora non hanno dimenticato i suoi riccioli biondi e la sua grinta straordinaria, e sperano di vedere nuovamente in campo qualcuno che ricordi loro la Furia Ceca, il simbolo di tante battaglie e vittorie in anni recenti, il simbolo dell'orgoglio bianconero, mai domo neanche in serie B o nelle difficoltà. Oggi intanto festeggiano con lui il traguardo dei quarant'anni, nell'attesa di rivederlo presto allo Juventus Stadium, per ricevere l'ovazione di tutti e, magari, assistere a nuove vittorie della sua ex squadra.

martedì 28 agosto 2012

IL PUNTO SULLA A /ROUND 1

Immagine tratta da www.calcioblog.it e modificata su cartoonize.net
Va in archivio la prima giornata di Serie A. Juventus, Inter, Fiorentina e Napoli sugli scudi. Milan in difficoltà di gioco e uomini, Roma deludente e balbettante. Conferme da Lazio e Chievo, sorprende la Samp, ritrova tranquillità il Genoa. Palermo e Pescara disastrosi.
Distribuiamo un pò di pillole ai protagonisti di questo esordio di stagione:
BUSCOPAN- La classica pillola contro il mal di pancia va senza dubbio ad Antonio Cassano, che trova subito il rimedio al suo mal di pancia estivo con la casacca dell' Inter. Immediata l' intesa con l' altro genietto Sneijder e con Milito ed il primo assist nerazzurro è servito, senza troppi allenamenti alle spalle.
MOMENDOL- Una compressa contro il mal di schiena va a mister Ventura, che, causa troppa partecipazione fisica ad un' azione in campo, cade vittima del più classico degli strappi alla schiena e finisce k.o. in panchina, con tanto di smorfia di dolore. Però il suo Toro esce indenne dal Franchi di Siena. Bene!
MAALOX- Mai sponsor fu più azzeccato per il Milan. Un rimedio contro la gastrite per i propri tifosi, che andrà distribuito gratis prima di ogni match. Se queste son le premesse sarà una stagione dura. E tutto questo Maalox ha allontanato anche Diarra e Kakà, sarà un caso? Qui ci vuole un classico: c'è poco da stare Allegri. 
IMODIUM- La difesa del Palermo dopo una prestazione scandalosa come quella casalinga contro il Napoli meritava l' Imodium prima di scendere in campo, perchè i vari Munoz, Cetto, Von Bergen se la son fatta letteralmente addosso contro le punte partenopee. Se Sannino è stato chiamato per sistemare una fase difensiva pessima, la strada è molto lunga.
BENAGOL- La coppia Conte-Carrera urla troppo a bordocampo e si mostra senza voce alle interviste, così il mister squalificato nella scorsa stagione e così il suo sostituto in quella attuale. Ma se i risultati son questi (39 partite senza sconfitte da quando c'è Conte) la voce è l' unica cosa che in campo si perde quando gioca la Juve. Ed è meglio parlare in campo che fuori.

lunedì 27 agosto 2012

PAGELLARIO SERIE A: PRIMA GIORNATA

Immagine tratta da goal.com
Con il ritorno in campo delle squadre per l'inizio della Serie A 2012-13, e dopo il successo dei nostri "punti olimpici", inauguriamo questa nuova rubrica. In ogni giornata di campionato segnaliamo chi sono stati i protagonisti in positivo e in negativo delle partite che sono state disputate; non ci limiteremo solo ai giocatori, prenderemo in considerazione anche allenatori, arbitri, guardalinee, giudici di porta e tifosi. Cominciamo allora con questa prima giornata.
I MIGLIORI
Stevan Jovetic: E' sua la prima doppietta di questo campionato, ed è suo il merito se la Fiorentina inaugura la stagione con una vittoria. JoJo è il giocatore di maggior talento della squadra viola, e forse uno dei pochi campioni veri che sono rimasti nella Serie A italiana. E' un vero leader, non si arrende mai e anche quando i compagni non lo assistono a dovere lui riesce comunque a creare grattacapi alla difesa avversaria. Contro l'Udinese segna in due modi completamente diversi: sul primo gol deve ringraziare la sorte, per la deviazione che rende imparabile il suo tiro; il secondo, invece, è solo merito della sua classe, che gli permette di essere freddo e preciso con il suo sinistro in pieno recupero. Un esordio davvero con il botto. Voto 7,5.
I giudici di porta: Sono la grande novità di questa stagione, dopo le polemiche feroci dello scorso anni per quel gol di Muntari clamorosamente sfuggito al guardalinee e i numerosi casi simili del passato. Il loro debutto non poteva essere più positivo, visto che già nella seconda partita in programma, Juventus-Parma, dimostrano la loro utilità. Nel primo tempo, è il primo giudice Russo a segnalare all'arbitro il fallo da rigore del portiere Mirante su Lichtsteiner, senza avere ovviamente colpe sul fuorigioco di inizio azione. Nella ripresa, il vero capolavoro lo fa Ciampi, che si prende una grande responsabilità concedendo il gol a Pirlo dopo che il pallone, secondo lui, ha varcato la linea di porta sulla parata di Mirante. Un episodio visto benissimo in tempo reale, mentre con la moviola ci sono voluti mille replay per chiarirne la dinamica. Una bella risposta a Platini che non li ritiene indispensabili. Voto 8.
Pablo Daniel Osvaldo: L'esultanza gli era rimasta in gola, non aveva dimenticato quella prodezza che gli avevano annullato contro il Lecce per gioco pericoloso, e aveva una gran voglia di rifarsi. Ieri sera il bomber della Roma ha fatto vedere che ha una voglia matta di segnare, e magari di riconquistare la maglia della Nazionale azzurra, già vestita un paio di volte lo scorso anno. Un'ottima prestazione, sempre alla ricerca del gol, sfiorato con un colpo di testa che ha colpito il palo e infine realizzato con una spettacolare sforbiciata, al volo su un pallone spiovente. Un gesto atletico sensazionale, una prodezza a cui Daniel non è nuovo: nel 2008, ad appena ventidue anni, fu proprio lui a mandare la Fiorentina in Champions League con uno splendido gol in rovesciata. Con il suo primo maestro Zeman alla guida, Osvaldo ha tutta l'intenzione di segnare e continuare a stupire con le sue giocate. Voto 7.
Marek Hamsik: E' stato uno dei primi a firmare il prolungamento di contratto con la maglia del Napoli, senza troppi tentennamenti, e con la partenza di Lavezzi e Gargano quanto sia importante il suo ruolo all'interno dello spogliatoio partenopeo. "Marechiaro", come lo chiamano affettuosamente i suoi tifosi, si è adattato perfettamente al nuovo ruolo che gli ha dato Mazzarri, arretrando la sua posizione da trequartista a mezzala e illuminando così il gioco delle due punte del Napoli. Ieri ha disputato una gran gara, ha segnato il gol che l'ha sbloccata a fine primo tempo, e nella ripresa ha mandato in porta il compagno Maggio per il raddoppio. Padrone del centrocampo azzurro, sa di essere con Cavani la stella della squadra e l'uomo che più di tutti può riportarla lì, in quella straordinaria competizione che è la Champions League, e magari chissà, anche in vetta alla classifica di Serie A...Voto 7,5.
I PEGGIORI
Stephan El Shaarawy: Vista la diaspora di talenti e soprattutto di attaccanti dalla corte di Allegri, con le partenze recenti di Ibrahimovic e Cassano, e stante l'assenza di Pato, è lui una delle speranze rossonere in vista di questa stagione di ricostruzione. L'allenatore gli ha dato fiducia fin dallo scorso campionato, e nella prima di quest'anno contro la Sampdoria l'ha inserito tra i titolari, confidando nelle sue giocate e, perché no, nel suo passato genoano, sperando che l'aria di derby lo stimolasse ulteriormente. Invece il Faraone ha nettamente steccato l'esordio, disputando una partita decisamente impalpabile e al di sotto delle sue possibilità. Avulso dal gioco, quasi mai pericoloso e incisivo, ha lasciato il campo a inizio ripresa al neo arrivato Pazzini. Peccato per lui, ma ha solo vent'anni, e la stagione è ancora molto lunga. Voto 5.
Davide Astori: Saranno state le voci di mercato, che lo danno continuamente in partenza dalla Sardegna verso la Russia, anche se lui dice di voler rimanere. Sarà stato il peso della fascia da capitano, che ieri era sul suo braccio per l'assenza di Daniele Conti, squalificato. Qualunque sia stata la vera ragione, quella di ieri è stata davvero una brutta serata per il centrale difensivo dei gialloblù, autore di una prova decisamente sottotono contro il Genoa. Nel primo tempo trattiene Jankovic e insieme al portiere Agazzi provoca il rigore che poi Jorquera calcia sul fondo, nella ripresa fa anche peggio scivolando sul gol del vantaggio di Merkel e bucando l'anticipo sul raddoppio di Immobile. Una serataccia per Astori, che per fortuna è abituato a sbagliare solo un paio di gare all'anno, per cui i sardi sperano che dalla prossima tornerà il baluardo di sempre. Voto 4,5.
La difesa del Palermo: E' cambiato l'allenatore, Sannino ha preso il posto di Mutti, ma la squadra siciliana non comincia nel modo migliore nemmeno questa stagione, superata nettamente in casa dal Napoli. A non convincere è soprattutto la difesa, schierata a tre per l'occasione, che si è dimostrata tutt'altro che imperforabile. Cetto, ceduto già durante la scorsa stagione, non ha convinto nel suo ritorno alla base, anche se è stato il migliore dei tre e ha anche sfiorato il gol. Von Bergen ha l'attenuante di essere arrivato da poco e di non conoscere ancora i movimenti del nuovo modulo, anche se ieri si è fatto saltare spesso come un birillo. Munoz è il vero mistero della squadra, sempre titolare per mancanza di alternative nonostante continui a commettere errori su errori, come ieri quando si è reso protagonista in negativo in tutti i gol del Napoli. Occorrono rinforzi, perché così non si va da nessuna parte. Voto 4,5.
I guardalinee: Se l'esordio dei giudici di porta si è rivelato più che positivo, non possiamo dire altrettanto degli assistenti di linea, che cominciano la stagione con alcuni errori piuttosto grossolani. Nell'anticipo di sabato sera, come detto, il rigore assegnato alla Juve nasce da un netto fuorigioco di Lichtsteiner, non rilevato dal guardalinee Petrella nonostante lo svizzero sia chiaramente davanti a tutti sul tocco di Vucinic. Per fortuna Vidal fallisce il penalty, risparmiando un po' di critiche all'assistente, ma l'errore rimane. Poi, ieri sera all'Olimpico, ecco un'altra sbavatura da parte di un guardalinee, questa volta è Viazzi il colpevole: sul tiro di Almiron deviato da Castan, Marchese realizza la rete del vantaggio del Catania in netto fuorigioco. La deviazione del difensore della Roma è involontaria, non rimette di certo in gioco l'avversario, quindi il gol andava annullato. Dubbi anche sulla seconda rete catanese, perché Gomez è in posizione regolare, ma Lodi che lo lancia sembra in offside, e stavolta l'errore sarebbe dell'altro guardalinee Liberti. Insomma, giudici promossi a pieni voti, guardalinee rimandati e da rivedere. Voto 5.

sabato 25 agosto 2012

ANCORA UNA VOLTA, JUVENTUS-PARMA...

Immagine tratta da jcmassa.it
Nel corso degli anni è diventata quasi una classica del nostro calcio, una sfida che si è ripetuta decine di volte, spesso con in palio trofei o piazzamenti importanti, negli ultimi anni soprattutto come occasione di svolta, in positivo o in negativo, per un'intera stagione. Proprio come un anno fa, la prima partita di campionato della Juventus vedrà come avversario il Parma, rivale da sempre ostica per i bianconeri, che in passato sono stati protagonisti di sfide epiche con gli emiliani, che sono entrate nella storia del calcio italiano.
Che queste due squadre avessero un particolare feeling si è visto fin dalla prima sfida tra loro, nell'ormai lontano 1990: il 9 settembre di quell'anno, il neopromosso Parma di Scala esordisce in serie A al Tardini contro la nuova Juventus di Maifredi e Roberto Baggio. Dopo la rete del terzino Napoli, è proprio il "divin codino" a mettere la sua firma alla sfida, su rigore, mentre nel finale arriva anche il primo gol nella massima serie per i parmensi, sempre dal dischetto, con il bomber Alessandro Melli. La gara di ritorno è meno combattuta, la Juve si impone con un sonoro 5-0, ma a fine stagione a sorridere è il Parma, che finisce quinto e si qualifica alla Coppa U.E.F.A., una vera impresa per un'esordiente assoluta; i bianconeri invece arrivano settimi, nonostante le grandi premesse di inizio stagione sono fuori dall'Europa, e si avviano all'ennesima rifondazione.
La sfida tra le due squadre si ripete anche negli anni successivi, con il Parma che continua a dimostrarsi un avversario durissimo per i bianconeri, battuti per la prima volta nel 1993 per 2-1, con una doppietta di Osio per i ducali a ribaltare il vantaggio iniziale del solito Roby Baggio. Gli emiliani continuano a crescere come squadra, non sono più una sorpresa, e la loro sfida con la Juventus nella stagione 1994-95 assume un'altra dimensione: in palio ci sono Scudetto, Coppa Italia e Coppa U.E.F.A. I primi due trofei vengono vinti dalla squadra di Lippi, al suo primo anno a Torino, con Ravanelli grande protagonista e a segno 5 volte tra campionato e coppa; in Europa invece il successo arride al Parma di Scala, trascinato da Dino Baggio, un ex dal dente avvelenatissimo, che segna sia nella finale di andata che in quella di ritorno. Passano un paio di anni, ma le due squadre sono ancora protagoniste di grandi incontri con lo Scudetto in palio: nel 1996-97 gli emiliani hanno un nuovo allenatore, Carlo Ancelotti, e una punta emergente, Hernan Crespo, e contendono nuovamente il titolo alla squadra di Lippi. Un gol di Chiesa decide la gara d'andata al Tardini, e rende il Parma la vera rivale della Juve nella corsa al titolo, anche se i torinesi mantengono un buon vantaggio in classifica; al ritorno, un'autorete di Zidane illude il Parma, che con un successo riaprirebbe il campionato, poi un rigore contestato di Amoruso chiude la sfida in parità e consegna di fatto lo Scudetto ai bianconeri. Altri due anni, e nel 1999 la sfida tra Parma e Juve si rivela ancora importante, anche se stavolta non per la corsa-scudetto: già battuti al Tardini per 1-0, i bianconeri subiscono nella gara di ritorno la prima sconfitta casalinga contro gli emiliani, un pesante 2-4 con tripletta di Crespo, che segna l'ultimo gol di tacco. E' la fine del primo ciclo di Lippi, che al termine della gara rassegna le dimissioni.
Nella stagione 2000, lo scontro tra le due squadre è ancora una volta avvincente, e condizionato da grandi polemiche. Nella sfida di andata, la Juve del grande ex Ancelotti va in vantaggio, sfiora più volte il raddoppio ma non chiude la partita, subendo il pari di Crespo all'ultimo minuto e prolungando l'astinenza di vittorie contro i parmensi. L'incantesimo lo rompe Del Piero, a segno nella gara di ritorno a Torino, condizionata anche dall'arbitro, che annulla in maniera misteriosa il pareggio di Fabio Cannavaro; la stagione si chiude male per entrambe, con la Juve che perde il titolo all'ultima giornata nel pantano di Perugia, e il Parma che perde la Champions nello spareggio con l'Inter, deciso ancora una volta da Roberto Baggio. Anche nel 2002 il Parma sembra condizionare i bianconeri nella loro corsa verso il titolo: a poche giornate dalla fine, i bianconeri del rientrante Lippi cedono 1-0 al Tardini e sembrano tagliati fuori dalla vittoria; alla fine, lo scudetto arriverà nel rocambolesco 5 maggio 2002, ma il Parma darà un altro dispiacere ai bianconeri, strappandogli la Coppa Italia con un'altra vittoria casalinga, sempre per 1-0.
Nelle stagioni successive, complice la crisi societaria del Parma e il ridimensionamento della squadra emiliana, le sfide con i bianconeri perdono in parte questo grande fascino, e anzi molti protagonisti del grande Parma passano proprio alla Juventus: su tutti, il portierone Buffon e i difensori Thuram e Cannavaro, che vanno a costituire le colonne della formazione di Lippi prima e di Capello poi. Entrambe le formazioni conoscono la retrocessione in serie B, i bianconeri d'ufficio nel 2006, i gialloblu sul campo nel 2008, e subiscono un notevole ridimensionamento, ma le loro sfide in serie A rimangono comunque accese, soprattutto le ultime. Nel 2010-11, con i bianconeri teoricamente ancora in corsa per il titolo, il Parma si impone con un perentorio 1-4 a Torino, aprendo la prima crisi della squadra di Del Neri; grande protagonista un altro ex, Sebastian Giovinco, che segna una doppietta e deciderà anche la gara di ritorno con un suo gol. Arriviamo così ad un anno fa, all'esordio di campionato, con i bianconeri che inaugurano lo Juventus Stadium proprio contro il Parma. Stavolta il 4-1 è in favore della squadra di Conte, con Pirlo scatenato come uomo-assist, Del Piero in campo come capitano, e Giovinco a segno ancora una volta, stavolta su rigore e a partita già finita. Al ritorno, i bianconeri sono costretti sullo 0-0 al Tardini dalla squadra di Donadoni, in un'altra partita segnata dalle polemiche per alcuni rigori non concessi ad entrambe le squadre.
Oggi dunque si riparte, e ancora una volta si rinnoverà la sfida tra queste due squadre. Rispetto a un anno fa sono cambiate molte cose in casa bianconera: stavolta la Juve si presenta all'esordio stagionale da campione in carica, anche se per la prima volta dopo 19 stagioni non avrà con sé il capitano Del Piero, che ha lasciato la squadra; a sostituirlo ci proverà proprio Giovinco, che dal Parma è tornato a Torino per dimostrare finalmente di essere un grande giocatore e affermarsi anche in Europa. Prepariamoci ad un'altra sfida avvincente, perché anche se in palio non ci sono più scudetti e trofei, Juve-Parma mantiene sempre il suo grande fascino e la sua storia importante.

GRIGLIATA DI SERIE A

Immagine tratta da snai.it e modificata su cartoonize.net
Finalmente parte la Serie A, ecco la nostra griglia di partenza, sebbene alcune squadre siano ancora incomplete, con il calciomercato aperto sino a venerdì.
1aFILA- Juventus: i bianconeri sono la squadra da battere, lo stesso 11 campione nella passata stagione è stato integrato da Lucio, Isla, Asamoah. Hanno un gran gioco e si vedrà da subito.
Inter- alla fine Stramaccioni può schierare big del calibro di Milito, Cassano, Sneijder, Samuel coadiuvati dal meglio della seconda fascia italiana: Handanovic, Silvestre, Mudingayi, Gargano, Palacio. Ora sta al tecnico gestire tutto al meglio, la sua inesperienza è l' unico limite.
2aFILA- Roma: posizionarla qui è un rischio. Ma in questa Serie A povera dei big rispetto al recente passato, il sistema di gioco di Zeman, se ben assimilato, potrà fare la differenza. Destro, Balzaretti, Bradley son ottimi acquisti. Si vedrà da subito se il progetto sarà ok o k.o.
Napoli: senza le notti da Champions, il campionato avrà la priorità. Mazzarri conta sul pubblico e un gioco collaudatissimo e difficile da imbavagliare. Insigne per Lavezzi potrà essere uno scambio sorprendente. E Mazzarri, lo si ami o lo si odi, è una garanzia di risultati.
3aFILA- Milan: nel precampionato non c'è una chiara idea di gioco, l' unico top player rimasto è Robinho, l' unico tecnicamente capace di accendere la luce. Urge compattezza per risorgere dalle cessioni dolorose. Palla ad Allegri. Stagione rischiosissima.
Fiorentina: potrebbe essere la sorpresa della stagione. Centrocampo fortissimo, buona difesa e Jovetic davanti. Se troverà l' ariete che cerca e Montella riuscirà a riproporre il gioco spettacolare di Catania sarà una mina vagante della zona Champions.
4aFILA- Udinese: ha perso Handanovic, Asamoah, Isla, ma molto dipenderà da Muriel. Se avrà voglia di spaccare il mondo, con Di Natale porteranno l' Udinese nelle zone nobili, in caso contrario, se sarà qualificazione Champions, attenzione alla panchina corta. Ma Guidolin è una garanzia di fiducia.
Lazio: Petkovic per Reja, rischiosissimo. Nel precampionato grossi balbettii e sul mercato pure, è arrivato il solo Ederson, subito rotto. Zarate è sempre un enigma. Ma è sempre la stessa squadra degli ultimi anni. Indecifrabili.
5aFILA- Palermo: Sannino è un gran lavoratore, in campo Miccoli, Brienza e Donati mettono al riparo da figuracce. Potrebbe emergere alla distanza. Attenzione.
Parma: la perdita di Giovinco è enorme, ma Pabon mostra buoni numeri e l' Amauri di Parma era fenomenale. Valdes regista fa girare la squadra. Salvezza senza patemi.
6aFILA- Chievo: una garanzia di solidità. Gioca bene e Di Michele, seppur vecchiotto si trova a meraviglia con Thereau e Pellissier. M.Rigoni altro ottimo acquisto. Sarà il classico Chievo.
Atalanta: partono da -2 ed è già una buona notizia rispetto al -6 della passata stagione. Non ha cambiato molto, e ha rinforzato la mediana. Squadra con un' identità precisa.
7aFILA- Torino: per il 4-2-4 di Ventura, Brighi, Gazzi, Sansone e Cerci sono acquisti fortissimi. Se li farà volare come il suo vecchio Bari, per i granata sarà una stagione spettacolare. E Cerci se non esplode con Ventura, ha finito.
Cagliari: perde Canini e Agostini e acquista Rossettini, Avelar e Sau, uno dei migliori talenti della B dello scorso anno. Se Ficcadenti darà un bel gioco offensivo saranno gioie, sennò, classica girandola di allenatori in stile Cellino. Sempre se si giocherà a Cagliari e non a Trieste.
8aFILA- Bologna: perde un grosso pezzo della vecchia guardia: Portanova, Mudingayi, DiVaio. Peso dell' attacco su Acquafresca e Gabbiadini, se riusciranno ad esser prolifici bene, sennò dolori, dati i mal di pancia di Ramirez. Occhio a Taider.
Sampdoria: incognita Ferrara in panchina. Dovrà dimostrar molto. E tanto dipenderà dal rendimento dei vari Lopez, Eder, Poli e dalla maturità di giovani come Obiang. Incognita.
9aFILA- Genoa: DeCanio è un ottimo mister, però Preziosi è un vulcano. Da qui a venerdì potrebbe stravolgere la squadra. E questo sta diventando sempre più un rischio, senza una continuità di guida tecnica. Sarà la stagione di Merkel, Immobile e perchè no, Ze Eduardo?
Catania: son rimasti tutti. Tranne il condottiero Montella e il comandante Lo Monaco. E non è roba da poco. Riuscirà il pratico Maran a ottenere gli stessi risultati con la stessa squadra? 
10aFILA- Siena: non foss' altro perchè parte da -6, con 4 squalificati pluriennali per le scommesse. Cosmi dovrà trovare la grinta con il suo collaudatissimo 3-5-2 e sperare che Rosina sia ancora quello di Torino dei bei tempi. Impresa difficile ma non impossibile.
Pescara: Stroppa per Zeman e un manipolo di carneadi per gli eroi della promozione Verratti, Insigne, Immobile. Occorre imitare il Foggia di Zeman o il Perugia di Cosmi, sennò non si arriva neppure a 20 punti. Chissà se tra i vari Weiss, Bjarnason, Vukusic, Jonathan, Celik, Brugman si nasconde qualche fenomeno. Bah.

venerdì 24 agosto 2012

Pronosticando nuova stagione VOL. 1


Immagine tratta da Snai.it
Pronostici 1a giornata SERIE A.

Fiorentina - Udinese X e OVER 1,5
I viola quest'anno devono assolutamente far meglio della scorsa scarsa stagione. Montella è pronto, ma l'Udinese, impegnata nel preliminare di Champions, sta meglio fisicamente; quindi forse un pareggino va bene ad entrambe, per iniziare.

Juventus - Parma 1 e OVER 2,5
Chissà che non rivediamo lo stesso film dell'anno scorso. Bel gioco dei padroni di casa e tanti gol. Il Parma appare indebolito, ha perso Giovinco e se lo ritrova pure subito contro.

Milan - Sampdoria X e UNDER 3,5
Maxi Lopez in questa stagione si trova alla svolta della carriera, scaricato inspiegabilmente dai rossoneri. Il Milan ora si ritrova Pazzini centravanti, motivato al riscatto pure lui, ma ha dovuto scambiarlo per un pezzo grosso come Cassano. Comunque da San Siro possono già spuntare le prime sorprese.

Atalanta - Lazio 1 e UNDER 2,5
Partita tattica che forse sarà in bilico fino al 90°. I bergamaschi in genere partono bene. La Lazio con l'Europa League appena affrontata, sarà leggermente stanca nonostante una condizione fisica sicuramente più avanti.

Chievo - Bologna 1 e GOL
I clivensi si ritrovano un bel tridente d'attacco nella nuova stagione, Di Michele assieme a Pellissier e con dietro Thereau promettono scintille in attacco. Bisogna anche vedere come sarà messa la difesa. Diamanti intanto li purgherà subito?

Genoa - Cagliari X e GOL
Si sono affrontate a fine stagione scorsa le due compagini rossoblu e se non fosse stato che al grifone servivano i 3 punti, i sardi avrebbero almeno pareggiato. Ma se è meglio due feriti che un morto, vedremo un bell'1a1.

Palermo - Napoli 1 e OVER 1,5
Il Napoli visto in Supercoppa non ha nulla a che vedere con quello del Pocho. Cavani si sfianca là davanti e giocano solo in ripartenza. Miccoli "Re de lu Salentu- lu sule lu mare lu ientu", sta ancora bene. Con Hernandez completamente a disposizione, se il buongiorno si vede dal mattino, allora a Palermo splenderà il sole.

Pescara - Inter 2 e NOGOL
I nerazzurri sono una squadra strana quest'anno ma hanno già trovato compattezza in Europa League, anche affrontando compagini medio-basse. L'ossatura c'è e la vedremo a sprazzi durante la stagione, ma a Pescara nonostante il tutto esaurito e il ritorno nella massima serie A da parte dei padroni di casa, avrà vita facile.

Roma - Catania 1 e OVER 3,5
Zeman non ha vinto nulla e questo lo dicono i numeri, ma è pur vero che le sue squadre divertono e giocano all'attacco. E allora per iniziare a divertire l'olimpico ci vogliono 5-6 gol magari divisi in sequenze rocambolesche. Il Catania non si tira mica indietro...

Siena - Torino X e UNDER 2,5
Il ritorno in A dei granata nel campo toscano dei misfatti dell'estate. Il Siena parte subito motivato ma il Toro non vuole iniziare con una sconfitta.

GENOVA WITH LOVE


Giusto ieri qui sorgeva un sospetto.
Alla luce dell' affare Zè  Eduardo-Milan, ci si domandava se le avessimo viste proprio tutte o meno.
Ed ecco il colpo di scena che non ti aspetti, forse più inatteso ancora della stessa inspiegabile trattativa tra Milan e Genoa.
Zè Eduardo (quello che vedete legato al palo e torturato nel video sopra, ai tempi del Santos) rifiuta il Milan. Sissignori. Dopo qualche tentennamento i due club, da sempre amici, si erano accordati per qualche giorno di prova del brasiliano agli ordini di Allegri, al fine di valutarne meglio le qualità, al quale, in caso di esito positivo, sarebbe stato naturale sbocco un contratto di prestito con riscatto fissato a 4 milioni.
Ma ecco l' orgoglio della punta brasiliana uscire fuori.
"Ho vinto la Copa Libertadores e due campionati paulisti con il Santos, provini non ne faccio".
Clamoroso. Dopo una stagione disastrosa a tratti fantozziana e con poche possibilità di rientrare in ballo tra i titolari in quella in corso, il brasiliano respinge al mittente la sua grande occasione. Ora, i piani sono due: o il suddetto Zè Love crede ciecamente nelle proprie possibilità e declina a cuor leggero l' occasione della vita, o ci troviamo di fronte a un fatto folle e senza senso.
Continuando le sue goleade su Twitter (e solo lì) rincara: "Mto feliz pelo interesse do @acmilan , mas nao chegamos um acordo junto com o @GenoaCFCtweet onde tenho 4 anos de contrato e estou feliz!", che tradotto per i profani suona così: "Sono molto felice per l'interesse del Milan, ma non siamo giunti ad un accordo con il Genoa con cui ho un contratto di 4 anni e sono felice!".
Beh, almeno abbiamo la certezza di trovarci di fronte ad un calciatore felice. Altro che brasiliano triste malato di saudade, come lo dipinse a Gennaio il suo Presidente Preziosi.
Il quale, come se fosse uno spettatore della trattativa ha dichiarato: "Ha rifiutato di effettuare la prova. E' un ottimo giocatore e giustamente non ha voluto andare in prova".
Il Milan che tratta e quasi acquista un bidone della stagione passata, il bidone che rifiuta il trasferimento motivando che la sua forza ed il suo palmares non meritavano il provino, siamo di fronte signori, ad una situazione assurda. Speriamo solo figlia della crisi economica.
Faranno allora i salti di gioia i tifosi del Genoa, pronti a gustarsi un calciatore del calibro di Zè Eduardo per le prossime 4 lunghe stagioni.
Alè!

Ps. Che si chiami Zè Love per la sua visione romantica ed orgogliosa del calcio, dato che tutte queste qualità fisiche da sciupafemmine sono ai più invisibili?

mercoledì 22 agosto 2012

FROM GENOVA WITH LOVE

Immagine tratta da icfut.wordpress.com e modificata su cartoonize.net
I calciofili più affamati, al lancio di Sky Sport 24 sulla trattativa in via di definizione tra Genoa e Milan per il passaggio in rossonero di uno dei più seri candidati al Bidone d' Oro 2011/12, Zè Eduardo, avranno sogghignato pensando che una volta in più i giornalisti l' avevano sparata davvero grossa.
Invece è tutto vero. L' impalpabile Josè Eduardo Bischofe de Almeida, noto in campo calcistico come Zè Eduardo ed al pubblico femminile come Zè Love, classe 87, professione centravanti secondo lui e seconda punta per molti, è il nuovo avanti del Milan.
Un tempo il Milan sceglieva di aggiungere alla propria rosa i calciatori più meritevoli, quelli messosi più in luce durante il campionato, invece ora, in preda al ridimensionamento e al voler tentare a tutti i costi le sorprese low cost in stile Nocerino, fa arrivare a Milanello il prode Zè Eduardo.
Stagione fantozziana la sua, bloccato mesi prima del suo sbarco in Liguria da Enrico Preziosi, che andò a prelevarlo dal Santos di Ganso e Neymar, di cui era il titolare. 
Arrivato in Italia disse di non essersi mai infortunato prima, e rimediò una frattura da stress alla tibia, diagnosticatagli da un medico dell' Inter dopo che i medici del Genoa dissero che era un problema presente solo nella sua testa. Felice di essersi ripreso, 3 mesi dopo, twittò "Se Dio vuole, tra 10 giorni torno a giocare", neanche tempo di scriverlo che ventiquattrore dopo ri-twittò "Tra mezzora mi opero di appendicite". Nuvoletta di Fantozzi bene in vista ed arrivederci a gennaio.
E a Gennaio il buon Zè Love trova un nuovo mister, al posto di Malesani arriva Marino, e i rapporti tra i due sono subito idilliaci, e come narra la Gazzetta fu il brasiliano, pacificamente, a chiedere al proprio mister lumi sul perchè non scendesse mai in campo in questo modo: "Ma tu pensi che io sia proprio una me***?".
Morale della favola qualche giorno dopo Preziosi, suo grande estimatore disse: "In Brasile lo accompagno anche a piedi, proprio perchè io non capisco proprio questa sua tristezza".
Immagine tratta da futebolbahiano.com e modificata su cartoonize.net
Non si capisce in che modo Zè riusci a restare in Italia, ma seppur schiavo della saudade, riannunciò a Twitter: "Finalmente sono pronto" e rincarò la dose dicendo "Prima di venire al Genoa ero stato tra i preconvocati del Brasile. Persa la Nazionale del mio Paese, vorrei fare come Thiago Motta e giocare per l'Italia. Avere Pirlo come compagno sarebbe fantastico, fino a adesso ho potuto far vedere solo una piccola parte del mio potenziale...".
Chiude la stagione con 8 presenze e 0 reti, più tweet che minuti giocati.
Vacanzina in Brasile e a Maggio ci informa che: "Il mio agente mi ha detto che ci sono almeno 5 società interessate a me. La mia priorità sarebbe rimanere qui in Brasile, accanto alla mia famiglia."
Il resto è storia recente, col brasiliano che si aggrega al ritiro del Genoa e il fulmine a ciel sereno della chiamata del Milan. Con tanto di saluto ai compagni e applauso di tutta la squadra.

C'è qualcosa in tutto questo che non quadra molto. Forse ha influito l' amicizia con Robinho, forse quella tra Galliani e Preziosi. Forse l'ennesimo infortunio muscolare di Pato. Ma tant'è. Il brasiliano triste ora ha la sua occasione. Anche se forse sarà solo in prova. Al Milan.
E dopo oggi, nel calciomercato, abbiamo visto proprio tutto. 
O no?

martedì 21 agosto 2012

CASSANO-PAZZINI: A CHI CONVIENE?

Immagine tratta da leggo.it
E' lo scambio del momento, l'affare di mercato che negli ultimi giorni ha occupato stabilmente le prime pagine di tutti i giornali nazionali: gli ex-gemelli del gol della Sampdoria, Cassano e Pazzini, sono sempre più sul punto di "scambiarsi" le casacche. Fantantonio, dopo un anno e mezzo in rossonero vissuto più fuori che dentro il campo per via del problema al cuore, sembra ben felice di indossare i colori nerazzurri e raggiungere la squadra per cui tifava da bambino; il Pazzo dal canto suo è in cerca di riscatto, dopo essersi trasformato da salvatore della patria per l'Inter a riserva e giocatore non più utile alla causa, pare convinto nel cercare il riscatto proprio presso i rivali cittadini del Milan. Mentre la trattativa sembra sempre più prossima alla conclusione, noi ci poniamo una domanda: a chi conviene davvero questo scambio? 
Partiamo dal Milan. I rossoneri sono reduci da una stagione al di sotto delle aspettative, dopo le premesse di un grande ritorno tra le grandi d'Europa; tra infortuni a ripetizione, qualche evidente lacuna nell'organico e un mercato di gennaio che, anziché Tevez, ha portato Mesbah e Muntari, la squadra di Allegri si è vista sfuggire una dopo l'altra Champions, Coppa Italia e Campionato, e l'allenatore che sembrava sul punto di aprire un ciclo si trova improvvisamente in discussione. Il mercato attuale, più che un rinnovamento, sembra più che altro una sorta di piccola smobilitazione: affari solo in prestito o con giocatori a parametro zero, e tante cessioni illustri. Via Ibra e Thiago Silva in direzione Paris Saint Germain, addio a tante vecchie glorie, Gattuso, Nesta, Seedorf e Inzaghi su tutti, ma anche Zambrotta, Oddo e Van Bommel, giocatori come Aquilani e Maxi Lopez non confermati; di contro ben pochi arrivi, Acerbi in comproprietà, Constant e Zapata in prestito, Montolivo e Traoré a costo zero, con una rosa che appare nettamente impoverita in difesa e in attacco. In nome del tanto decantato "fair play finanziario", il Milan sembra aver puntato soprattutto a fare cassa, risparmiare il più possibile sugli ingaggi e trascorrere una stagione di transizione, per far crescere qualche giovane elemento e gettare le basi per un nuovo gruppo vincente, magari aggiungendo qualche altro campione a gennaio.
In quest'ottica, il malumore di Cassano per la partenza di tanti campioni sembra piuttosto evidente. Il barese è arrivato in rossonero per vincere tutto il possibile, ha una gran fame di campo dopo i problemi dello scorso anno, e vuole un gruppo competitivo, perché sa che la sua carriera volge alla fine e non avrà più molte chance di successo. Inoltre, avendo compiuto trent'anni a luglio, non può ricevere il rinnovo pluriennale che chiedeva, perché il Milan da sempre offre ai giocatori ultratrentenni un rinnovo annuale. Allegri ha più volte chiesto una prima punta di fisico, come Matri che ben conosce, perché Pato non ha dato sufficienti garanzie negli ultimi due anni, e Cassano, Robinho ed El Shaarawy non hanno le caratteristiche che piacciono a lui. La società, a questo punto, è disposta a rinunciare ad un altro contratto oneroso, cedendo l'attaccante più anziano della rosa e un giocatore scontento e poco motivato, Cassano appunto, per arrivare a quella punta che il mister chiede, e che ha proprio le caratteristiche di Pazzini.
Passiamo all'Inter. Anche i nerazzurri sono reduci da una stagione poco positiva, ancor più deludente di quella dei "cugini", visto che per la prima volta dopo 10 anni non disputeranno la Champions. Il periodo della grande incertezza in panchina successiva all'addio a Mourinho, con l'alternarsi dei vari Benitez, Leonardo, Gasperini e Ranieri, sembra finalmente conclusa con la fiducia al giovane Stramaccioni, autore di un finale di stagione convincente e ben visto da dirigenza e spogliatoio. Ringiovanire è la parola d'ordine che riguarda anche il resto della squadra: addio ad alcuni protagonisti della vecchia guardia, con nuovi campioni motivati e desiderosi di vittorie pronti a prendere il loro posto. Lasciati andare i flop dello scorso anno Forlan, Zarate e Palombo, salutati l'eterno Orlandoni, l'amato Cordoba e il "traditore" Lucio, i nerazzurri hanno aggiunto alla rosa pedine importanti come Handanovic, Silvestre, Mudingayi e Palacio, oltre a riscattare Guarin e confermare la fiducia al giovane Coutinho. Il rinnovamento sembra a buon punto, l'assenza dal grande palcoscenico della Champions può servire per concentrarsi sul campionato e dare esperienza a questo gruppo nuovo, su cui costruire un futuro di nuovi successi. Con un altro paio di cessioni importanti, come quella di Julio Cesar o di Maicon, e qualche altro tassello (De Jong?) a centrocampo, la squadra sembra quella che vuole Stramaccioni.
In questa situazione, Pazzini ha già capito di non essere più al centro del progetto del giovane allenatore, che punta spesso su un solo centravanti supportato da due-tre giocatori tecnici alle sue spalle; il prescelto per questo ruolo è chiaramente Milito, e il Pazzo a ventotto anni non può più permettersi di fare la riserva, si è già giocato l'Europeo per questo. In questa Inter, lui non ha più spazio, mentre nel Milan tutto l'attacco ruoterebbe intorno a lui, e quindi potrebbe finalmente ritagliarsi quel ruolo da protagonista che sta cercando per rilanciarsi. Via un giocatore scontento e non indispensabile, dunque, dentro un altro tipo di attaccante, meno fisico ma più tecnico, utile per dare qualità e fantasia all'attacco e completare il reparto con Sneijder, Coutinho, Palacio e Alvarez. Cassano da questo punto di vista è un giocatore che può far bene nell'Inter, anche grazie alle sue motivazioni, ma restano dei dubbi sulla sua tenuta fisica e sull'equilibrio della squadra, che con troppi giocatori offensivi rischia di scoprirsi troppo in difesa; l'innesto di un ulteriore giocatore come De Jong, un lottatore che corre e copre in tutto il campo, sembra proprio dettato da questo bisogno di maggiore copertura a centrocampo.
In sintesi dunque, chi ci guadagna di più da questo scambio? In teoria, il Milan anche se di poco, perché come detto prende il tipo di giocatore ritenuto indispensabile dal suo allenatore e si libera di un contratto oneroso e di un atleta che sembra aver già dato il meglio di sé. Occhio però alla voglia di Fantantonio, che con la maglia nerazzurra ha sempre sognato di giocarci e per questo potrebbe smentire tutti, contribuendo a riportare in alto l'Inter con la sua classe e i suoi preziosi passaggi sotto porta. In realtà, sarà come sempre il campionato il vero giudice di queste trattative e di queste scelte, per cui mettiamoci comodi e aspettiamo di vedere chi dei due ex-gemelli del gol saprà stupirci di più.

domenica 19 agosto 2012

IL PERICOLO

Immagine tratta da raisport.rai.it e modificata su cartoonize.net
Quando lo spettatore segue una corsa motoristica, si immedesima i questi cavalieri del rischio. Ne ammira il talento, il coraggio e la follia di sfidare una pista a tali velocità, è conscio del rischio che corrono.
Ma quel rischio che c'è non è percepito come reale.
Per i piloti è lo stesso. Non ci si pensa.
Incombe come una nuvola nera, ma la possibilità che diventi la realtà, che succeda qualcosa di brutto, non è contemplata.
E quando accade, quando un' auto si schianta a forte velocità, o un centauro viene sbalzato dalla sua motocicletta, qualcosa si rompe.
Lo spettatore rimane sbigottito, si ferma un attimo, si fa delle domande, capisce che c'è qualcosa di sottilmente demoniaco nel considerare invincibili e indistruttibili questi uomini.
E' come un incantesimo che si crea tra pista, velocità, pilota e spettatori.
La paura non esiste, esiste solo l' andare più forte, frenare ancora un centimetro dopo al giro successivo, cercare di rimanere in sella alla motocicletta sino all' ultimo o aggrapparsi allo sterzo quando la vettura va dove vuole.
E quando ieri la pista di Indianapolis ha buttato per terra dalla MotoGp come sacchi di paglia prima Stoner, poi Spies ed infine Hayden, dopo aver fatto lo stesso con Barbera venerdì, si è rimasti sbigottiti.
Tutti nello stesso punto, tutti nello stesso modo, il cosiddetto high-side, pericolosissimo.
Il referto medico parla di tripla frattura vertebrale per Barbera, di doppia microfrattura metacarpale per Hayden e di stiramento ai legamenti della caviglia per Stoner.
E' andata ultra bene.
Ma leggere in certi articoli uno speriamo finale, mette i brividi. E' come se dopo 4 botte del genere, oggi in qualche modo ci si attenda che succeda ancora.
Il pensiero allora va ai Gp della F1 degli anni '70, quando ogni stagione si faceva la conta di quelli rimasti. Ma nel 2012, dopo gli ultimi incidenti dei poveri Tomizawa e Simoncelli,dopo 4 cadute nello stesso punto, ha senso far correre oggi i piloti con un pericolo del genere?
Perchè il pericolo ora si è insinuato nella mente dei piloti e degli spettatori. 
Non far nulla, pregare e sperare è sbagliato.
E' un pericolo.

venerdì 17 agosto 2012

ROSSI, ROSSE, RE, RIPICCHE E RETROMARCE

Immagine tratta da www.motoblog.it e modificata su cartoonize.net
Calda estate quella dei motori. Altro che Minosse, Ulisse, Caligola e Scipione.
Qua comandano tutto il Rossi e la Rossa.
Tutto gira intorno a loro. Il Dottore e la Ferrari.
Valentino alza, e diciamo finalmente, bandiera bianca. Riscrive il famoso detto "mai tornare indietro neanche per prendere la rincorsa" adattandolo a un "mai tornare indietro, a meno che dalla Ducati non riesci a cavare un ragno dal buco".
E rieccolo in vista 2013 firmare un biennale con Yamaha, scuderia ufficiale e compagno di box di Jorge Lorenzo. Situazione però capovolta: ora è lo spagnolo a comandare, e sta a Rossi entrare in punta di piedi, non è più lui il numero uno. 
Sa già Valentino che questo sarà il suo ultimo contratto in MotoGp, e ha fatto questa scelta per tornare a vincere. Scelta quasi folle quella di voler avere la stessa moto di Lorenzo, che non è mai stato forte e costante come in questa stagione. Come sarebbe stato altrettanto folle dar seguito ad un connubio con Ducati sinora avaro di ogni soddisfazione.
Dopo un tonfo così fragoroso con la scuderia italiana, va dato merito a Rossi di aver ammesso pubblicamente il fallimento ed aver fatto una così grossa scommessa su sè stesso a 33 anni, in un confronto con Lorenzo che potrebbe far uscire con le ossa rotta chiunque. Chiedere a Ben Spies per informazioni.
E per Casey Stoner settimana a base di ripicche e frecciate al rivale italiano. Rimarrà Casey l' unico a vincere un Mondiale con Ducati e si è goduto i fallimenti in serie di Melandri, Hayden e Rossi. Scommettiamo che il suo progetto di tornare da wild card per qualche gara nel 2013 coinvolgerà Ducati, per un' eccitante sfida una tantum?
Capitolo Rossa a 4 ruote. Allora. Alonso regna. E' il re. Domenicali dichiara di cercare un paggetto, ehm un "ottimo pilota da affiancare ad un campionissimo". Che poi è da chiedersi chi tra Massa dei bei tempi e Raikkonen fosse il campionissimo e chi il numero due.
Quindi è necessario un pilota che sia consapevole di non essere a livello del Nando.
E ciò fa perdere parecchio appeal alla seconda Rossa di Maranello.
Webber ha ringraziato, declinato l' invito e smascherato i nostri pubblicamente. Button idem. Perez è ritenuto ancora acerbo. Massa sin troppo calato nel ruolo, è stato accompagnato all' uscio.
Chi rimane? Io piazzo un Kovalainen, amico dello spagnolo e già suo compagno ai tempi della Renault e già seconda guida Mc Laren ai tempi del titolo di Hamilton. 
La pista Raikkonen non sembra consistente. E altri nomi non ne sono usciti, se non l' improbabile Sutil o un Di Resta che sarebbe tutto da verificare. Ma, a quel punto, se non altro per disperazione, tornerebbe in voga il triste Massa.
Sezione retromarce. Fonti francesi danno una retromarcia soft sull' impegno in F1 di Mercedes, con un team minore denominato AMG (la sezione sportiva di Mercedes). 1 Gp vinto in 3 anni è una miseria, anche a livello di immagine. Pessima notizia per nonno Schumi, che con un contratto molto pesante in scadenza, vede assottigliarsi le sue possibilità di permanenza nel team. E in caso di rinnovo, il nuovo progetto difficilmente sfamerebbe la sua fame di una vettura competitiva. Per lui il "mai tornare indietro" rischia di essere l' infausto giudizio definitivo sul ritorno in F1 dopo il ritiro.

domenica 12 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 16

Immagine tratta da radiomania.org
Con un po' di malumore, chiudiamo oggi la nostra rubrica su questi splendidi Giochi Olimpici di Londra 2012, che di sicuro non hanno tradito le attese. Ecco chi sono i nostri migliori e peggiori di oggi.
I MIGLIORI
Aleksey Shved (pallacanestro): Dopo un torneo non all'altezza, con due prestazioni a dir poco deludenti nei quarti e in semifinale, alla fine i punti decisivi per la medaglia di bronzo li ha segnati proprio la giovane guardia dal fisico imponente e dagli attributi sicuramente di ferro. Nel tiratissimo match contro gli argentini della "Generacion Dorada", quei Ginobili, Scola, Nocioni arrivati davvero all'ultimo tango, la Russia si è aggrappata proprio a Shved nel massimo momento di difficoltà, quando gli avversari hanno provato a scavare un solco e indirizzare la sfida. Lui stavolta ha risposto presente, si è caricato la squadra sulle spalle, ha segnato 7 punti consecutivi prima, poi la tripla tutta carattere e grinta che ha ridato ai russi l'ultimo, decisivo vantaggio che è valso la medaglia di bronzo. Talento emergente del basket europeo, nemmeno ventiquattro anni, ha pienamente il suo prossimo approdo nella NBA con la maglia dei Minnesota Timberwolves, dove raggiungerà il compagno di squadra Kirilenko e lo spagnolo Rubio. Una dimostrazione della crescita del movimento cestistico del vecchio continente, sempre più in grado di competere con i maestri americani.
Vladimir Alekno (pallavolo): Giocarsi una finale per l'oro olimpico, essere sotto due set a zero e ad un passo dalla sconfitta, e trovare la forza e l'intelligenza per cambiare volto alla propria squadra e guidarla alla rimonta vincente. La finale di pallavolo maschile premia la bravura del tecnico russo, e un po' anche la sua lucida follia: sotto di due parziali, con i suoi completamente in bambola e sottomessi alla fantasia e alla potenza dei brasiliani, Alekno si è inventato la mossa vincente. Muserskiy, il centrale di ruolo, viene spostato ad opposto per sfruttare i suoi 218 centimetri, e i punti e alcune grandi difese del gigante hanno il merito di svegliare i compagni, che finalmente giocano da campioni e rimontano e vincono il terzo set. Da quel momento non c'è stata più storia, il Brasile ha perso il bandolo del gioco e la grinta, la Russia ha difeso e attaccato come mai prima, e al tie-break si è portata a casa il primo oro olimpico dal 1980, quando esisteva ancora l'U.R.S.S. Merito appunto del genio o della follia del suo allenatore, che finora aveva vinto solo una World League nel 2011, fallendo in tutte le occasioni più importanti. Oggi si è rifatto, e alla grande.
Ratko Rudic (pallanuoto): Vent'anni fa, a Barcellona 1992, ci ha fatto sorridere di gioia, oggi purtroppo ci ha fatto piangere, ma non si può non ammirare e celebrare questo fantastico allenatore. Autentico maestro della pallanuoto, dapprima grande giocatore nel panorama europeo, Rudic ha dato il meglio di sé quando ha abbandonato l'attività agonistica per diventare allenatore. Il suo palmares parla molto chiaro: prima di oggi due medaglie d'oro olimpiche e mondiali e due argenti europei con la Jugoslavia, un oro e un bronzo olimpico, un oro mondiale, due ori e un bronzo europeo con l'Italia, un oro e due bronzi mondiali e un oro europeo con la Croazia. Oggi, vincendo la finale olimpica contro la sua ex-squadra, l'Italia guidata dal suo vecchio giocatore e allievo Sandro Campagna, è diventato il primo allenatore ad ottenere un oro con tre nazionali diverse, entrando definitivamente nella leggenda. Oltre trent'anni di carriera a bordo vasca, a motivare e far crescere numerose generazioni di campioni, e ancora tanta voglia di vincere e di stupire il Mondo. Complimenti a Ratko, il vero fenomeno oggi è stato lui.
I medagliati azzurri (sport vari): Non sarebbe giusto scegliere tra loro, meritano tutti una citazione quest'oggi, per le cinque medaglie che hanno portato alla causa azzurra in sport completamente diversi. Decisi i ragazzi della pallavolo, bronzo dopo un match duro con la Bulgaria, vinto soprattutto con la testa e con la grinta, dedicato al defunto Bovolenta. Da applausi la prova di Marco Aurelio Fontana, bronzo nella mountain bike ma condizionato dalla sfortuna, perché ha fatto metà dell'ultimo giro senza sellino, quando ancora era in corso per la vittoria. Bravissime le ragazze della ginnastica ritmica, bronzo per demeriti propri ma soprattutto delle giurie, che comunque si sono riprese la medaglia che a Pechino era stata negata loro. Eroico Roberto Cammarelle nella boxe, sul ring contro un avversario dieci anni più giovane di lui, sfavorito dai giudici in maniera incredibile ma che si prende un argento, terza medaglia in tre Olimpiadi disputate. Favolosi i ragazzi della pallanuoto, tornati davvero il Settebello che conoscevamo, argento contro una Croazia superiori ma tornati grandi a soli tre anni di distanza dall'orribile Mondiale del 2009. Bravi tutti davvero!
I PEGGIORI
Wilson Kipsang Kiprotich (atletica): Da anni si dice degli atleti africani: se alle loro indubbie doti fisiche unissero un po' di intelligenza tattica e di lucidità nei momenti decisivi, sarebbero davvero imbattibili. Oggi il maratoneta del Kenia ha rispecchiato pienamente questa teoria, con una condotta di gara a dir poco suicida e inspiegabile che gli è costata forse la medaglia d'oro. Vincitore nella Maratona di Londra di quest'anno, conosceva bene il circuito e tutti si aspettavano da lui una grande prestazione e la possibilità di competere per il successo con il campione del mondo di specialità, il suo connazionale Kirui. Come da premesse, Kipsang è partito molto forte, inserendosi nel gruppo di testa e azzardando addirittura un attacco in solitaria dopo 10 chilometri. Si è rivelato un errore fatale, perché lentamente è stato ripreso da altri due compagni di fuga, il campione Kirui e l'ugandese, suo omonimo, Stephen Kiprotich, e quando quest'ultimo ha piazzato l'attacco giusto a pochi chilometri dalla fine non ha avuto la forza di reagire. Alla fine per il keniano è arrivato il terzo posto, che vuol dire comunque una medaglia di bronzo olimpica, ma sicuramente meno di quanto avrebbe potuto e dovuto fare.
Il Brasile (pallavolo): Passare dalla festa a base di samba alle lacrime e alla delusione. Quella di oggi è una sconfitta che fa male, malissimo a Bernardinho e ai suoi ragazzi, arrivati a un passo dal risalire sul gradino più alto del podio e ricacciati incredibilmente giù dalla rimonta degli avversari russi. La gara era iniziata benissimo per i brasiliani, con un attacco efficace, l'ispirato palleggiatore Bruno a illuminare la scena, il muro a respingere e sporcare ogni pallone, e il libero Sergio a riprendere anche gli attacchi più impossibili. Due set vinti, anzi dominati, un terzo comunque in controllo che si avviava alla conclusione, la festa pronta ad esplodere. Poi, la svolta: il cambio tattico di Alekno, due palle match annullate dagli avversari, il set lasciato ai russi, e il lento crollo nei parziali successivi, fino alla resa quasi senza combattere. Ci hanno provato tutti, anche gli esperti Giba e Ricardo, a cambiare le cose, ma ormai la luce si era spenta e l'oro è svanito ancora, beffardamente, come a Pechino quattro anni fa.
I giudici (ginnastica ritmica): Non è mai bello imputare le sconfitte o le delusioni solo al giudizio degli arbitri, senza dare responsabilità anche agli atleti "puniti". Abbiamo cercato di non farci prendere dal campanilismo, abbiamo recriminato soprattutto per alcune regole che sembravano assurde e sfortunate, non solo ai danni degli italiani. Oggi però dobbiamo contestare i giudici della ginnastica ritmica, e giustificare chi diceva che almeno l'oro, se non tutto il podio, era già deciso a priori. Le atlete russe, certamente brave e competitive, sono state premiate oltre misura dai giudici per esercizi buoni ma non eccezionali, con punteggi ritenuti assurdi da più persone. Altrettanto premiate sono state le bielorusse, argento con delle prove che sicuramente erano meno difficili e spettacolari di quelli delle azzurre, scivolate al terzo posto per una piccola sbavatura ma anche per dei punteggi decisamente bassi. Meno male che le bulgare ci hanno messo del loro, altrimenti la beffa di Pechino rischiava di ripetersi...Occorre cambiare qualcosa, altrimenti si rischia di far perdere credibilità al movimento della ritmica mondiale.
I giudici 2 (pugilato): Altra nota negativa in quest'ultima giornata delle Olimpiadi, ancora una volta ai danni di un nostro atleta, penalizzato in favore di un avversario che giocava in casa e aveva tutto il tifo per sé. Quello del nostro Roberto Cammarelle doveva essere un oro senza discussioni, si è tramutato in un argento perché i giudici hanno premiato in modo eccessivo il pugile di casa Anthony Joshua, buon boxeur ma che non era minimamente sembrato migliore del nostro campione. Un primo round nettamente a favore di Roberto, più del 6-5 finale, e soprattutto un'ultima ripresa da 8-5 per il britannico a dir poco fantasiosa, per un pareggio che diventa vittoria grazie al parere, ovviamente pro atleta di casa, dei giudici. Una truffa non nuova al pugilato olimpico, protagonista già di decisioni controverse, su tutte la finale olimpica del 1988, che ha cercato di cambiare regole di giudizio proprio per evitare favoritismi. Visto il modo in cui è stato trattato Cammarelle in tutto il torneo e soprattutto in questa finale, occorre fare ancora moltissimo.
Grazie a tutti per averci seguiti in questa rubrica e durante questi Giochi Olimpici, a presto!

PUNTO OLIMPICO N. 15

Immagine tratta da santabanta.com
Siamo arrivati alla penultima giornata di queste Olimpiadi di Londra 2012. Arrivano le ultime medaglie, le ultime gioie e gli ultimi dolori per tutti gli atleti di questi splendidi Giochi. Vediamo chi merita di entrare tra i buoni ed i cattivi di oggi.
I MIGLIORI
Oribe Peralta (calcio): In quello che doveva essere il pomeriggio di Thiago Silva, Pato, Leandro Damiao, Hulk, Neymar e compagnia, a conquistarsi tutte le copertine è invece quest'attaccante messicano, autore della doppietta che decide la finale del Torneo Olimpico di calcio. Una carriera che si potrebbe definire discreta, che l'ha visto arrivare in Europa appena ventenne e giocare in Inghilterra, Germania e Spagna con risultati abbastanza soddisfacenti. A ventotto anni è arrivata per lui l'occasione della vita, visto che i rifiuti di Luis Hernandez e Carlos Vela gli offrivano la possibilità di partecipare ai Giochi Olimpici come terzo fuori quota della squadra messicana. Peralta non si è fatto pregare, ha risposto presente quando i compagni lo cercavano in area di rigore, segnando complessivamente quattro reti, anche se la doppietta di oggi al Brasile sarà sicuramente un ricordo speciale per lui. Sfruttando le disattenzioni della difesa carioca, ha contribuito a portare la sua squadra sul gradino più alto del podio, coronando un sogno per tutto il movimento giovanile messicano, che continua a sfornare talenti in grande quantità.
Mohammed Farah (atletica): E' sicuramente lui il simbolo dell'atletica britannica in queste Olimpiadi, il personaggio che meglio rappresenta la voglia di vittoria e di affermazione di tutto un Paese. Somalo di nascita, ma inglese di formazione, visto che si è trasferito in Europa ad otto anni, si era già messo in luce negli ultimi anni sulle lunghe distanze, conquistando tre ori europei e un oro e un argento mondiale nei 5000 e nei 10000 metri. Arrivato ai Giochi di casa come uno dei favoriti, ha saputo mantenere le premesse nei 10000, conquistando l'oro senza grandi discussioni, e si è preparato con tranquillità ai 5000, cercando la vittoria che l'avrebbe consegnato alla storia. Stasera ha corso con una grandissima sicurezza, si è portato in testa al gruppo piuttosto presto, e dopo aver studiato le mosse degli avversari ha piazzato lo sprint decisivo verso l'oro, che è puntualmente arrivato. Una soddisfazione speciale per questo ragazzo, perché è stato proprio lui, africano di nascita, a sottrarre al Continente Nero il dominio in questa doppia specialità e a riconsegnarlo all'Europa dopo tantissimi anni. Applausi meritati per un grande atleta e per uno splendido uomo.
Carlo Molfetta (taekwondo): Una medaglia che sa veramente di impresa, conquistata con sudore e punto dopo punto, soffrendo e rimontando più volte contro avversari che sembravano imbattibili e alla fine si sono dovuti arrendere tutti. Dopo due sfortunate esperienze con le Olimpiadi, la prima chiusa al primo turno ad Atene, la seconda non disputata a Pechino per infortunio, Carlo si presentava a Londra a ventotto anni con tanta voglia di rivalsa e dopo una cura "ingrassante": visto che nei -80 chili la federazione aveva scelto Sarmiento, lui per competere nella categoria +80 chili ha aumentato notevolmente il suo peso, basti pensare che nel 2004 gareggiava per i -68. Ha sconfitto nei quarti, in un finale rocambolesco e al Golden Point, il cinese Liu, dopo aver seriamente rischiato di perdere, poi ha superato in semifinale il fortissimo maliano Keita, anche qui con un finale sofferto ma vincente. Nella sfida per l'oro, contro il gabonese Obame, è partito molto male, sotto 6-1, ha rimontato con calma fino al 6-6, e dopo che il tempo supplementare è finito in parità è stato premiato dai giudici per la maggiore combattività e dichiarato campione olimpico. Una grande soddisfazione per lui e per il taekwondo italiano, che così porta a casa il primo oro della sua storia alle Olimpiadi.
Clemente Russo (pugilato): L'abbiamo detto e lo ribadiamo sempre: un secondo posto equivale a un argento vinto, mai ad un oro perso. Sapevamo che il match di oggi sarebbe stato molto difficile per Clemente, perché l'ucraino Usyk è il campione mondiale dei pesi massimi e può contare sul suo gran fisico per mettere in difficoltà chiunque. Dopo la grande rimonta contro l'azero Mammadov speravamo che "Tatanka" ne avesse ancora per fare un'altra impresa, sovvertire il pronostico e vincere l'oro che da tempo stava aspettando. Il sogno è durato lo spazio della prima ripresa, vinta proprio da Russo, poi Usyk ha iniziato a colpire e far male, ha rimontato e ribaltato la situazione fino a vincere con merito. Peccato per Clemente, ma fa piacere sentire le sue dichiarazioni nel dopo gara: a Pechino era deluso, amareggiato per l'argento, quasi lo rifiutava, stavolta invece lo accetta con soddisfazione nonostante la grande rabbia per aver mancato ancora il podio più alto. Cercherà di rifarsi a Rio, e intanto almeno un oro per noi l'ha già vinto: quello per la miglior capigliatura, visto l'improponibile taglio di Usyk (nemmeno da podio...)
I PEGGIORI
Olga Kaniskina (marcia): Arrivare a pochi metri dal traguardo e da uno storico bis olimpico e vederselo sfuggire proprio sul più bello. E' quello che è accaduto questa mattina alla marciatrice russa, che si era presentata a Londra con il titolo di campionessa olimpica in carica nella 20 chilometri di marcia e dopo aver vinto anche due ori mondiali e uno europeo prima di arrivare qui. Fin dall'inizio della gara, la Kaniskina sembrava decisa a far vedere a tutti la sua classe e la sua abilità superiore, visto che si era portata subito in testa ed aveva impresso un gran ritmo alla sfida. Sperava di scrollarsi di dosso le avversarie e di andare a vincere la gara in solitaria, invece si è trovata a fare i conti con una sua connazionale, l'appena ventenne Elena Lashmanova, che le ha tenuto testa e l'ha beffata negli ultimi 300 metri, quando l'ha superata e battuta sul traguardo per soli sette secondi. E' sfumato così il sogno di vincere il secondo oro olimpico consecutivo, ma per Olga ci sarà sicuramente tempo di rifarsi, visto che ha appena ventisette anni e tutta la voglia di combattere le sue giovani concorrenti.
Il Brasile Olimpico (calcio): Probabilmente, la prossima volta che i verdeoro si presenteranno ai Giochi Olimpici, al posto dell'allenatore porteranno con sé uno stregone, per cercare di sfatare quella che è a tutti gli effetti la loro maledizione più grande. Da quando esiste il calcio alle Olimpiadi, infatti, i brasiliani non sono mai riusciti a salire sul gradino più alto del podio, né con gli uomini né con le donne. Quello di oggi è il terzo argento dei carioca, dopo quelli di Los Angeles 1984 e Seul 1988, ma questo fa malissimo, perché ottenuto con una squadra che era decisamente la più competitiva, con un incredibile mix di giovani talenti in fase di maturazione e campioni affermati nel panorama mondiale. Finale giocata malissimo, con due gol regalati ai messicani, il primo dopo nemmeno un minuto di gioco, e un tentativo di rimonta a dir poco sterile, che ha rischiato di concretizzarsi troppo tardi, e in maniera immeritata. Leziosi e imprecisi, lenti e rilassati come se si trattasse di un'amichevole, i brasiliani si sono arresi ad una squadra che doveva essere ampiamente battibile per loro, confermando quella maledizione che, forse, solo i Giochi casalinghi di Rio riusciranno a cancellare.
Le statunitensi (pallavolo): Parlando di incompiute, non si può non citare la squadra americana di volley femminile, da anni abbuonata ad ottenere grandi piazzamenti ma mai in grado di cogliere vittorie significative tra Mondiali ed Olimpiadi. In particolare, nei tornei a cinque cerchi le statunitensi si erano dovute accontentare già due volte dell'argento, in casa nel 1984 e a Pechino quattro anni fa, e si presentavano a Londra forti di tre vittorie consecutive al World Grand Prix e di un ottimo secondo posto alla Coppa del Mondo 2011. In finale, a contendere l'oro alle varie Berg, Tom, Larson e Hooker c'era il Brasile campione uscente, ma già battuto in girone con un secco 3-1, il che faceva ben sperare i tifosi a stelle e strisce. Invece, dopo un primo parziale vinto con facilità, le americane si sono lentamente sciolte, cedendo i successivi tre set alle verdeoro e arrendendosi al terzo argento nei Giochi Olimpici. Un'altra beffa, ma meritata, perché le americane hanno giocato con tante campionesse e puntando sul talento, ma il Brasile ha giocato di squadra e ha vinto con grinta e cuore.
I cinesi (tuffi): Sono anni che sognano qualcosa di importante, per certi versi di storico: vincere la medaglia d'oro in tutte le gare di tuffi di una singola Olimpiade. Gli asiatici a partire dagli anni Novanta hanno fatto di questa disciplina una loro specialità, si sono affermati a livello mondiale, e cercano questo record storico per certificare la loro supremazia. Ai recenti Mondiali casalinghi del 2011 c'erano riusciti, portando a casa 10 medaglie d'oro su 10, a Londra ce n'erano in palio 8, e l'impresa sembrava davvero possibile. Purtroppo per loro, però, hanno trovato sulla loro strada degli avversari formidabili, per niente decisi a lasciarli vincere senza lottare: prima il russo Zakharov nel trampolino 3 metri, oggi l'americano Boudia nella piattaforma 10 metri, hanno costretto i cinesi a fermarsi a quota 6 ori, rimandando ancora l'appuntamento con la storia. Quattro anni fa il mitico en-plain fu solo sfiorato, e perso all'ultimo tuffo quando l'australiano Mitcham nella piattaforma approfittò di un errore dell'avversario Zhou per scavalcarlo in classifica. Stavolta i cinesi non possono rimpiangersi molto, hanno fatto ottime gare, semplicemente hanno trovato rivali che si sono dimostrati alla loro altezza.

sabato 11 agosto 2012

PUNTO OLIMPICO N. 14

Immagine tratta da spettacoli.blogosfere.it
E' cominciato il conto alla rovescia per la conclusione di questa bellissima edizione dei Giochi Olimpici di Londra 2012. Vediamo chi sono stati oggi gli atleti o le squadre che si sono messi il luce nel bene e nel male.
I MIGLIORI
Oussama Mellouli (nuoto): Era già entrato nella storia del suo Paese, la Tunisia, e del nuoto mondiale quando, quattro anni fa, si era preso la medaglia d'oro nei 1500 metri stile libero, primo africano a riuscirci in un'Olimpiade. A Londra aveva già portato a casa una medaglia nella stessa distanza, stavolta di bronzo, ma non era soddisfatto e cercava un'occasione per lasciare nuovamente il segno. L'ha avuta questa mattina, quando ha deciso di cimentarsi nella 10 chilometri di fondo e ha subito fatto vedere che non era lì solo per partecipare: in testa con i migliori nei primi giri, al momento decisivo ha piazzato l'allungo giusto, lasciando tutti sul posto e andandosi a prendere l'oro e la storia. Dopo la macchia della squalifica per doping prima di Pechino, il tunisino è diventato il primo atleta a vincere una medaglia sia in una gara di corsia che in un'altra di nuoto all'aperto in un torneo olimpico, e ovviamente è anche il primo a riuscirci nella stessa edizione dei Giochi. Chapeau per lui.
Clemente Russo (pugilato): Prima dell'inizio di queste Olimpiadi era stato chiaro: alla sua terza partecipazione ai Giochi, dopo aver fatto solo presenza ad Atene e aver preso l'argento a Pechino, il suo obiettivo era l'oro. Dopo un inizio meno facile del previsto, con un match sofferto e vinto in extremis contro il cubato Laruet, oggi Clemente ha affrontato in semifinale dei pesi massimi un avversario più temibile, l'azero Mammadov. Ha sofferto la potenza del suo avversario nei primi due round della sfida, è andato sotto nel punteggio 9 a 6, ma nell'ultima ripresa ha tirato fuori tutta la sua classe, sfruttando la stanchezza del rivale e vincendo il match con pieno merito. Una grande prova di coraggio e di grinta per Tatanka, che adesso aspetta con ansia la finale di domani sera contro l'ucraino Usyk per togliersi la soddisfazione che gli manca, e vince la tanto agognata medaglia d'oro olimpica.
Il Settebello (pallanuoto): Dopo la grande vittoria contro l'Ungheria avevamo già esaltato questa squadra, capace di tornare tra le prime quattro al Mondo in un'Olimpiade dopo 16 anni. Oggi la esaltiamo ancora una volta, perché in una semifinale durissima contro la temibile Serbia ha dato un'altra fantastica prova di forza, imponendosi con autorità per 9-7 e guadagnandosi la finale olimpica, vent'anni dopo l'ultima volta. Una prestazione meravigliosa per il portierone e capitano Tempesti, per Felugo e gli altri azzurri, che hanno scavato il solco nel primo e terzo periodo, gestendo il tentativo di ritorno serbo nel finale e bissando la vittoria della finale mondiale dello scorso anno contro gli stessi avversari. Ora di fronte a loro per la medaglia d'oro ci sarà la Croazia di Ratko Rudic, proprio colui che condusse il Settebello all'oro olimpico di Barcellona 1992: di fronte a lui, il giovane allievo Sandro Campagna ha una gran voglia di dimostrare che ha imparato come si fa a vincere.
Mauro Sarmiento (taekwondo): Visto l'argento conquistato a Pechino quattro anni fa, qualcuno potrebbe pensare che il bronzo di questa sera rappresenti una delusione. Non è mai così quando si tratta di una medaglia olimpica, perché rappresenta comunque un grandissimo premio al lavoro e alla dedizione di quattro anni durissimi. Oggi Mauro è stato un po' sfortunato nella semifinale, quando è stato colpito in maniera decisiva dallo spagnolo Garcia Hemme, rinunciando di fatto alla corsa per l'oro. Non ha perso la sua concentrazione, nella sfida per il bronzo contro l'afghano Bahawi si è imposto nell'ultima ripresa, battendo con un punteggio di 4-0 l'avversario e prendendosi la medaglia, che ha dedicato alla compagna Veronica Calabrese, anche lei campionessa del taekwondo, e alla loro figlia Sofia che nascerà a breve. Un'immagine bellissima, che incorona una famiglia di atleti e l'ennesima prestazione da medaglia dei nostri atleti in questa Olimpiade.
I PEGGIORI
La vela azzurra (vela): Dopo quattro edizioni consecutive dei Giochi Olimpici in cui avevamo portato a casa almeno una medaglia in questa specialità, stavolta ci dobbiamo accontentare di un pugno di mosche. Detto che il movimento azzurro della vela è in evidente calo in questi ultimi anni, ci aspettavamo sinceramente qualcosa di meglio dagli equipaggi azzurri. Salviamo la Sensini, che a 42 anni era alla sua sesta edizione delle Olimpiadi e merita lo stesso rispetto della Idem per la longevità sportiva e le quattro medaglie già conquistate. Non possiamo dire altrettanto degli altri italiani in gara, che hanno pagato alcune regate non disputate al meglio e il vento estremamente debole e instabile delle acque inglesi, che ha reso difficile la competizione per tutti. Oggi le ultime speranze erano nelle coppie Zandonà-Zucchetti tra gli uomini e Conti-Micol tra le donne, tutti per la categoria 470: nella medal race, entrambi gli equipaggi azzurri non hanno sovvertito i pronostici, accontentandosi di un quarto e quinto posto nella classifica finale. Occorre fare qualcosa al più presto per ridare vita al nostro movimento sportivo.
Valerio Cleri (nuoto): Dopo la splendida impresa della Grimaldi di ieri mattina, tutti speravano nel nuotatore azzurro per ottenere uno storico bis e portare a casa la prima medaglia olimpica nel fondo maschile. Le premesse sembravano esserci, visto che Valerio a Pechino si era fermato al quarto posto, a un passo dalla medaglia, il che legittimava alcune speranze di medaglia nonostante la sua vera specialità siano i 25 chilometri. Oggi purtroppo l'azzurro ha mostrato fin dall'inizio di non essere in una condizione brillantissima, ha sofferto il ritmo alto imposto soprattutto dai tedeschi in testa e lentamente è scivolato nella parte bassa del gruppo, concludendo la sua gara con un anonimo diciassettesimo posto. Una prestazione non all'altezza dei suoi risultati recenti, che ha lasciato Valerio estremamente deluso e critico verso chi ha scelto un lago per le gare, perché secondo lui in questo modo si perde un po' il senso del vero nuoto di fondo. Pazienza, avrà altre occasioni per fare meglio.
Andrej Kirilenko (pallacanestro): Da anni è il simbolo della pallacanestro russa in tutto il Mondo, ed è universalmente riconosciuto come uno dei più forti tra i cestisti europei. Alla sua terza Olimpiade, dopo due tornei poco brillanti nel 2000 e nel 2008, era giunto qui a Londra con i suoi compagni per dimostrare a tutti che la squadra sta tornando ai grandi livelli della vecchia U.R.S.S., quando era in grado di competere con gli americani per i titoli olimpici e mondiali. Nella semifinale di oggi, contro i campionissimi spagnoli che già avevano battuto in girone, i russi sono partiti bene nella prima metà di gara, poi però hanno perso ritmo e precisione in attacco, subendo il sorpasso degli iberici e finendo per arrendersi. Chi è mancato è stato proprio Kirilenko, autore di una prova a dir poco impalpabile, conclusa con un deludente 2/12 al tiro dal campo e 5/10 ai liberi, con errori pesanti nel momento decisivo della gara. Dopo la finale di Eurolega persa in maniera incredibile con il suo CSKA, un'altra amara delusione per il centro russo.
L'italvolley (pallavolo): Dopo l'esaltazione per i nostri atleti dopo la grande vittoria nei quarti contro gli Stati Uniti, sembra quasi ingiusto mettere gli azzurri tra i peggiori di questa giornata, soprattutto perché di fronte c'erano i fenomeni del Brasile, che si sono dimostrati di un livello semplicemente inarrivabile per chiunque o quasi. Non vogliamo colpevolizzare i ragazzi di Berruto per errori tecnici o tattici, i verdeoro hanno mostrato un'abilità incredibile nel difendere e rigiocare più palloni possibili, hanno un muro devastante e degli attaccanti micidiali, per cui fare meglio era davvero difficile. Ci hanno un po' deluso l'atteggiamento non troppo convinto degli azzurri in alcuni momenti della gara, soprattutto durante il secondo set, perso con un imbarazzante 25-12 e nonostante i tentativi dell'allenatore di risvegliare i suoi. Mancavano gli occhi della tigre, mancavano la fiducia nei propri mezzi e la tenacia di chi non vuol regalare nulla: senza queste doti, si rischia di partire sempre battuti. Ora c'è la finale per il bronzo con la Bulgaria, per riscattarsi e portare a casa un'altra medaglia importante, anche se non sarà d'oro come a un certo punto avevamo sperato.